venerdì 21 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - Un po' di Chan.

Tra le varie attività extra di quest'anno ci sono state alcune interessanti parti riguardanti la filosofia Chan (o Zen, chiamatela come preferite, si parla comunque sempre della stessa cosa).
Alcune sono state casuali e molto "familiari" svoltesi andando la sera dopo cena nella stanza del Monaco Shi Xing Qiu a bere del tè, altre facevano parte delle lezioni serali (sempre nel dopocena), altre ancora del tutto inaspettate come il giorno in cui il Coach ha regalato ad alcuni di noi una calligrafia con una sorta di "poemetto" riguardante la Pratica.
Avere questo genere di conversazioni, o anche semplicemente ascoltare, è sempre qualcosa di estremamente interessante.
Interessante perchè aiuta a scoprire qualcosa di una Cultura diversa dalla nostra, perchè aiuta a capire meglio alcuni aspetti di qualcosa, la Pratica, che ci coinvolge in prima persona (altrimenti non saremmo stati lì). Ma soprattutto perchè aiutano a pensare, a riflettere, ad approfondire, a trarre conclusioni.
Quel che segue sono dei miei liberi flussi di coscienza non per forza corretti, non per forza condivisibili. Magari qualcuno più esperto potrà trovare molti errori in queste mie parole. In tal caso mi piacerebbe discuterne, per capire, per pensare.
Nel Chan c'è sempre qualcuno, il Maestro o chi per lui, che ti fa aprire gli occhi facendoti venire a conoscenza che "c'è qualcosa da vedere", ma senza mostrarti la via per vedere questo qualcosa. Perchè nell'indicarti la via ti farebbe vedere qualcosa senza farti crescere e sarebbe solo un mero prender atto del fatto senza aver raggiunto nessuna consapevolezza. Sarebbe come tenere tra le mani un involucro vuoto e senza nessun contenuto.
Dunque a questo serve discutere di filosofia, serve ad avere degli spunti che poi ogni singola persona dovrà sviluppare. Posso chiederti "perchè fai questo?" e la tua risposta sarebbe l'esito di un tuo percorso, di pensiero e di vita, ed io potrei arrivare alla stessa conclusione magari, ma attraverso un'altra strada, con altre esperienze. Stesso risultato, diverso percorso. Un percorso mio che ha fatto crescere la mia persona e dal quale potrei attingere per crescere ancora e ancora sotto altri aspetti e in altri campi perchè "ho capito" e non perchè "ho copiato".
Vorrei far partire questa condivisione con alcune parole da parte del Coach.
Un giorno di "big rain" nel quale non potevamo allenarci abbiamo fatto un po' di "kung fu book" e prima di partire con la spiegazione teorica dello svolgimento dei Jibengong ci ha spiegato il perchè di WuShu.
Con WuShu noi intendiamo le Arti Marziali cinesi. Tutte, tutti gli stili e così via.
Credo di averne già parlato da qualche parte dell'aspetto contraddittorio delle Arti Marziali. Dove devi saper combattere per non combattere, dove devi avere nessun limite come limite, dove combattere è qualcosa da fare ogni giorno per ogni aspetto della propria vita, ma con nuove prospettive per affrontare le situazioni.
E questa contraddizione la troviamo anche nel nome. Dove l'ideogramma "Wu" che noi possiamo tradurre con "marziale" è formato da due ideogrammi che significano uno "stop" e l'altro "lancia" uniti diventano (per dirla come il Coach) "no punch". Non combattere.
Allenare le Arti Marziali vuol dire fare uno sforzo di Pratica sia esterna che interna. Allenare solo la parte esteriore, solo parte fisica, quindi, serve ben a poco se non addirittura a niente.
E già questo inizio dovrebbe far pensare. Non che io non abbia mai riflettuto su questo, anzi, viste le mie scarse doti atletiche, mi sono sempre focalizzata su ben altro. Per me le Arti Marziali sono sempre state un "più", un qualcosa che andava oltre le ore di allenamento, qualcosa più simile a uno stato mentale.
Un percorso difficile ed io sono la prima a sbagliare molte cose e molte volte. Non riesco a distaccarmi dalle cose quando dovrei farlo. Ad esempio adesso non riesco ad allontanarmi dal pensiero della Cina, del viaggio, delle persone là e sono in continuo conflitto tra la mia "vita reale" e la mia "vita desiderata". Se avessi davvero imparato alla perfezione a gestire questo non sarei in questa situazione dove passo più tempo a sentirmi fuori luogo piuttosto che ad adattarmi alla realtà che, in qualche modo, devo vivere. Ed è così dallo scorso anno, dal mio primo viaggio in Cina. Per questo, dico, non è facile. E probabilmente sono più le volte che cadi nel tentare che quelle in cui superi indenne la cosa. Ma, comunque, in qualche modo devi rialzarti. E se, quindi, da una parte sbaglio, dall'altra qualcosa ho imparato. Ho imparato a rialzarmi e a cercare di stare in piedi nel miglior modo possibile.
L'ultima domenica alla Scuola, mentre aggiornavo il diario di viaggio, il Coach mi ha chiamata nella sua stanza. Mi ha regalato una calligrafia.
Non una di quelle enormi, una su un foglio piccolo di carta di riso.
Su questo foglio scritto alla cinese e cioè da destra verso sinistra e dall'alto verso il basso (piccola curiosità: sapete perchè i cinesi scrivono in questo modo? Perchè la scrittura occidentale da sinistra verso destra e orizzontale, quando letta, è un continuo dire "no", mentre leggendo dall'alto verso il basso, come fanno i cinesi, è come un continuo dire sì; da questo punto di vista è un approccio meraviglioso) dicevo, sul foglio ci sono i vari stampi con il nome di Du, l'anno, e lo stampo del Tempio Shaolin, poi la scritta "Shaolin kung fu", il mio nome, l'anno e il luogo. Ma la parte più importante è il poemetto che c'è scritto. All'inizio pensavo che ne avesse fatto uno uguale per tutti. Poi ho scoperto che, invece, era personalizzato per ognuno di noi al quale lo ha regalato. Non so, sinceramente, se il poemetto fosse già stato scritto in precedenza da qualcuno o dal Coach stesso, ma non è questo l'importante. Quel che importa è che quando lui ha scritto queste cose lo ha fatto pensando alla persona alla quale lo avrebbe dato.
Risulta un po' difficile tradurre tutto quel che c'è scritto (anche perchè vi ricordo che io non conosco il cinese e che Du parlava ben poco inglese), ma la sostanza è, come sempre, arrivata.
Dice che il Kung fu è un interscambio di tecniche, armi, forme, colpi e che, visto dal di fuori, all'apparenza, potrebbe sembrare frivolo e superficiale, ma che chi Pratica seriamente e con impegno sa che prima di tutto Kung fu vuol dire imparare il rispetto, l'amore, il condividere.
Io non so che cosa l'abbia portato a voler scrivere proprio a me questo. Certo più volte si era stupito di come stessi agli scherzi e alle battute dei ragazzi (cosa che a me sembrava più che normale), e me l'aveva anche detto, che era bello che mi mettessi così in gioco.
Ma di certo non avrei mai pensato ad una cosa del genere.
Specialmente perchè conoscendomi ben poco ed avendo anche parlato ben poco lui mi ha scritto una cosa per me importantissima, una cosa sulla quale io ho sempre insistito quando parlavo della Pratica, ed ho insistito così tanto su questo aspetto da volerci scrivere sopra una tesi di laurea. La mia tesi di laurea. E questo tizio cinese, mai uscito dal suo paese, ha riassunto le 111 pagine di tesi in un foglio più piccolo di un A4. Ha riassunto 9 anni della mia vita. Ha, da un certo punto di vista, riassunto e capito me.
Per questo io dico sempre che è assurdo pensare "ah che tristezza questi cinesi non conoscono niente del mondo, vivono lì e non sanno che al di fuori esiste altro" o, ancor peggio, "che tristezza, come sono arretrati, qua viviamo meglio". Mi chiedo con quale e quanta presunzione ci arroghiamo il diritto di definirci "superiori". Perchè, è vero, magari lui potrà non conoscere cose semplici della vita occidentale, potrà non aver mai visto un tram, potrà non saper risolvere un'equazione, non conoscere tutte le teorie sociologiche, la storia, l'economia, non avere idea di che cosa siano lo spread, la borsa. Ma quanti di noi possono dire di poter capire le persone? Quanti possono dire di avere una conoscenza profonda e totale di quello che è il loro mondo? Lui vive in una piccola realtà che è quella del Tempio, è vero, ma di quella realtà sa. Io della mia realtà non so quasi nulla.
Perchè dovrei dirgli "hey, la realtà occidentale è migliore di questa"? Se mi chiedesse "e come sarebbe questa realtà?" cosa potrei mai rispondergli? Che non sputiamo sui tavoli le ossa, che non succhiamo i noodles, che abbiamo cibo più buono, macchine più belle? Poi non arriviamo a fine mese, non abbiamo un lavoro, passiamo il tempo a vivere per sopravvivere invece che a vivere per vivere. Davvero potrei dirgli che siamo migliori?
Che poi la Cina abbia i suoi lati oscuri si sa e non voglio di certo negarlo o esaltarlo. Ma perchè la nostra società, invece, è limpida? Siamo i paesi del primo mondo che ancora vanno a fare le guerre e non ne sappiamo nemmeno la vera ragione. E parlo non avendo mai sbandierato nessuna idea pacifista, per la cronaca.
Davvero, ditemi, in che cosa siamo superiori? Perchè lui, se glielo chiedessi, magari mi risponderebbe di essere felice, di essere ok lì dove sta. Io no. Io non potrei dargli una risposta del genere.
E questo porta ad un altro pensiero lanciatoci lì da Jackie una sera durante una lezione del dopocena.
Ci ha raccontato due storie Chan.
Storie che magari conoscete anche se raccontate con diversi particolari (o ambientazioni) ma con lo stesso significato.
La prima parla di un Maestro e di un suo allievo. I Monaci non possono avere contatti con le donne (contatti in sensi più profondi del semplice toccare/sfiorare etc). Dopo una grande pioggia i due si recano in città. Durante questo percorso incontrano una donna su un ponte e diventa difficile per tutti e tre passare. Allora il Maestro prende la donna in braccio e la porta dall'altra parte dopodichè torna accanto al suo allievo e riprendono il cammino.
Durante tutto il percorso l'allievo resta pensieroso e va avanti così fino a sera quando, incapace di trattenersi oltre, interroga il Maestro.
Gli chiede perchè, sebbene fosse a conoscenza delle regole, avesse portato in braccio quella donna. Il Maestro, osservando il suo allievo, gli risponde che nel fare quel gesto lui era stato capace di andare oltre, mentre l'allievo stava ancora portando con sè il pensiero di quella donna.
La seconda parla di due mani e delle loro dita. Ogni dito ha una diversa funzione. Un giorno le dita combattono tra di loro per decidere chi sia, alla fin fine, il dito più importante. Il pollice dice di essere il più importante in quanto il più grande e forte di tutta la mano, l'indice perchè "indica", il medio perchè il più alto, l'anulare perchè è il dito sul quale si porta l'anello del compromesso. Ed infine arriva il mignolo. Le altre dita gli dicono che, essendo il più piccolo, è anche il meno importante. Lui risponde che non è vero perchè quando si prega Buddha è lui il più vicino.
Cosa vogliono dire queste due storie?
Due cose molto importanti e che spesso vengono dimenticate. Due insegnamenti che andrebbero tenuti a mente e, invece, molto spesso sono trascurati. Due insegnamenti importanti, ma difficili da seguire. Ed io sono la prima a dimenticarmene, a non seguirli. Li conosco, ma non li ho ancora percorsi.
La prima storia c'insegna come sia facile "tirar su" le cose, ma molto più difficile "metterle giù" e cioè lasciarle andare. Nella nostra società è difficile capire come risolvere le cose, come trovar la soluzione perchè, come dice il Chan, si può vedere bene nell'acqua quando è ferma, non quando è mossa. E noi non siamo capaci di fermare l'acqua e stare ad osservare. Siamo sempre in preda a pensieri, preoccupazioni, impegni e non ci fermiamo mai. Non ci fermiamo ad osservare per bene i nostri problemi, non siamo capaci di "lasciar andare" le cose. Ed è così che, in qualche modo, non siamo nemmeno capaci di guardare noi stessi perchè, esattamente come accade per i nostri problemi, anche l'osservazione del proprio sè può avvenire solo quando l'acqua è ferma. Non possiamo vedere il nostro riflesso nell'acqua che scorre.
La seconda storia insegna come tutti siamo a nostro modo importanti. Nessun dito è più importante dell'altro, dipende dalla funzione e così per le persone. Ognuno ha qualcosa d'importante. Andando in tre uno potrà sempre insegnare qualcosa agli altri due e dagli altri due apprendere.
Non esiste la perfezione, questo è solo il nostro sogno di realizzazione.
Questo post sta assumendo proporzioni titaniche, ma mi sembra ingiusto fermarmi così a metà.
Diciamo che fondamentalmente poter davvero riassumere tutte le parti filosofiche sia pressochè impossibile perchè capitavano spesso, anche in modo casuale, e, molto spesso, svanivano così come erano arrivate ed avevano un senso nel contesto nel quale erano state pronunciate. Quindi è davvero un'impresa titanica provare a scrivervele tutte.
Questo è solo un assaggio. E magari sembreranno comunque parole buttate al vento, ma, vi assicuro, lì, in quel momento, avevano il loro perchè. E per me ce l'hanno ancora adesso. Se non altro per spunti di riflessione, spunti per migliorare. Prima o poi.
All'inizio del post ho accennato al tè nella stanza di Shi Xing Qiu.
Lui è l'attuale autista dell'Abate.
Non voglio mettermi a parlare dell'Abate nello specifico e di come questa figura porti con sè opinioni contrastanti tra di loro (c'è chi dice che sia solo un affarista e che abbia portato il Tempio Shaolin ad essere una mera attrazione turistica, un'affermazione non del tutto negabile, ma, io vorrei anche far notare che, probabilmente, senza questa mossa di marketing ora, forse, il Tempio magari non sarebbe chiuso, ma di sicuro sarebbe in una condizione non proprio felice...).
Essere diventato l'autista dell'Abate non lo ha reso un inetto, lo ha semplicemente reso più impegnato.
Nonostante questo ha trovato il tempo per poter stare con noi sia la sera del tè sia quando ha tenuto una lezione alle Paludi della Tristezza.
Parlare di filosofia con lui aveva due limiti. Il primo era quello della lingua visto che tutti i discorsi subivano la mediazione della traduzione da parte di Jackie. Il secondo eravamo noi occidentali perchè il doverci mettere a parlare di filosofia rendeva la nostra testa una sorta di tabula rasa interrotta ogni tanto da qualche domanda stupida.
La prima domanda stupida è stata quella di chiedergli come fosse arrivato al Tempio. Lui ha risposto di essere arrivato lì per seguire l'onda del successo dei film di Kung Fu. Una risposta che ci ha lasciati un po' basiti perchè era...come dire...così occidentale. Lui era arrivato lì con la stessa motivazione che aveva spinto molti occidentali ad avvicinarsi alle Arti Marziali.
Allora, abbiamo capito, sono davvero reali le parole del Gran Maestro Shi Suxi nel dire che le persone "si avvicinano alle Arti Marziali per il Wu (la parte marziale), ma restano per il Chan (la parte filosofica)".
La seconda domanda è stata quella di chiedergli se lui avesse dei discepoli. La sua risposta è stata "no" e noi, imperterriti ed incuriositi, gli abbiamo chiesto il perchè di questa sua scelta.
E lui ha spiegato che avere dei discepoli avrebbe cambiato le cose, lo avrebbe "elevato" ad uno status più alto e si sarebbe persa quell'aria di confidenzialità. A lui non interessano titoli o riconoscimenti. Quel che gl'interessa veramente è poter parlare tranquillamente con le altre persone senza dover per forza essere riverito. Poter discutere da pari a pari.
Perchè prima di voler far grandi cose bisogna imparare ad essere "good people". E questo non va in conflitto con la storia che ho raccontato poco più su perchè con la sua espressione di dover essere "buone persone" non intendeva certo il santone o l'illuminato, intendeva semplicemente essere una persona di sani principi perchè "even common people can be master, in little and common things you can learn great lessons" anche le persone comuni possono essere maestri, nelle piccole e comuni cose puoi imparare delle grandi lezioni. Ed è questo che era lui mentre con il suo tono pacato ci spiegava in cinese queste cose servendoci il tè. Era un uomo, non un Maestro come lo intendiamo noi, era un comune uomo che parlava con quelli che, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, erano in qualche modo la sua Famiglia.
Ed è per questo che dico che è difficile parlare di filosofia.
Perchè lì tutto era filosofia.
C'era filosofia nel vecchietto seduto al bar che se estraevi la macchina fotografica si metteva in pose marziali, c'era filosofia nell'osservare i ragazzini delle altre scuole, c'era filosofia nell'imparare ad adattarsi alla situazione, c'era filosofia nel cercare d'interagire con la figlia del cuoco.
Nell'allenamento c'era tantissima filosofia.
Imparavi ad andare avanti, ad insistere.
Il mio essere finalmente riuscita a fare la caduta in avanti senza prima dialogare con me stessa per mezz'ora è, in qualche modo filosofia, perchè ho insegnato alla mia mente a superare questo mio blocco. Lo era anche riuscire ad arrivare fino alla Damo Cave senza mollare tutto e fermarmi a metà strada sebbene i muscoli delle gambe implorassero pietà.
Là, ancor più che qua, l'allenamento era filosofia perchè ogni cosa era estremizzata. Qua devo dare il massimo per 2 ore ogni sera in palestra, là erano 6 ore di allenamento al giorno e dovevi dare il massimo ad ogni minuto che passava. E questo ti fa crescere. Perchè quando inizi ad essere dolorante, magari anche infortunata (caviglia docet) e i giorni si accumulano devi imparare a tirar fuori quel qualcosa in più.
E lo fai quando ti svegli alle 5 della mattina sapendo di dover andare a fare le scalinate, lo fai nei 5 minuti di mabu quando già dopo il primo ti tremano le gambe e tutto quello che vorresti fare è alzarti e metter fine a quello strazio. Lo fai quando riesci ad insistere e resistere. Quando stai facendo la carriola nel vicolo davanti alla Scuola e all'inizio del secondo giro ti fermi un momento perchè stai morendo e il Coach ti dice "ok, you go there and you stop" e tu gli rispondi "no. I can" e completi il giro. Lo fai quando per la sesta volta consecutiva perdi alla morra cinese e devi correre anche se sei sfinito, ma lo fai lo stesso. Lo fai quando sei al limite e il tuo compagno, il tuo amico, vicino a te è nella tua stessa identica situazione ma trova comunque la forza per dirti "dai resisti, manca poco". E tu resisti e questo lo devi anche lui. E' filosofia la condivisione. Di qualsiasi cosa. Della fatica, della forza, dei momenti.
Perchè c'era filosofia anche al di fuori dell'allenamento. Quando ci si sedeva tranquilli sulla terrazzina a parlare o nelle pause dagli allenamenti o alla sera.
A volte si era in due ed allora i temi erano un po' meno futili e si parlava con l'altra persona del "dopo" (del rientro) e si tiravano fuori i timori per quanto potessero sembrare stupidi. Che poi tanto stupidi non possono essere se in qualche modo ti fanno paura. E ci si ascoltava, magari non si avevano risposte, ma si poteva condividere questo peso. Alla fine parlare delle proprie paure è, in qualche modo, una cura per l'animo.
Filosofia è anche questo, è allenare la mente. Allenarla a spingere il corpo e lo spirito un po' più in là perchè sai che il limite non è quello, è un passo più avanti. E un passo alla volta avanzi (un viaggio di mille miglia inizia con un singolo passo).
E tutto questo mi fa capire come ci sia, per me, ancora molta strada da percorrere.
Perchè là io riuscivo a vedere il mio riflesso nell'acqua. Qua non ci riesco. Pensieri, ricerca di lavoro, impegni, orari, invio di CV mi fanno andare avanti a testa bassa senza farmi fermare un attimo, senza darmi la possibilità o la forza di fermare l'acqua.
In Cina era tutto più semplice.
Ho imparato a vivere il presente. E di questo son felice perchè così sono riuscita a godermi la vacanza assaporando ogni momento senza essere assillata dall'idea del ritorno. E vivendo il presente era tutto più facile. Non è che sfuggissi ai problemi, ma là non sembravano affatto delle montagne insormontabili. Al massimo erano un'altra Damo Cave da raggiungere. Difficile, ma non impossibile. Sarebbe bastato insistere un po'.
Una volta tornata in Italia questa tranquillità è svanita affogata dalla routine che non riesco a fermare.
E lo so, so benissimo di sbagliare tutto nel vivere così. Perchè se ci riuscivo in Cina dovrei riuscirci anche qua, ma non è così. Non è così semplice. Qua più che il presente vivo i rimpianti del passato che ormai è passato e le paure del futuro. Eppure è il presente ad essere la realtà. Quella sulla quale dovrei costruire il futuro. Un mattone alla volta. "Step by step".
Buona parte delle cose che ho imparato quest'anno le devo a Du, al nostro Coach (o Shifu, Maestro, come lo chiamavamo) perchè nonostante le problematiche con la lingua (superate una volta entrati nell'ordine di idee del suo inglese) aveva davvero moltissimo da insegnare. Senza volersi mai sforzare di farlo, a volte anche a tavola tra una battuta e l'altra.
E devo ringraziare lui se sono cresciuta così tanto in questo viaggio.
Anche il ritorno è stato diverso rispetto allo scorso anno. Non è che sia stato più semplice perchè la Cina mi manca da morire, ma almeno non rischio crisi isteriche andando in giro come succedeva lo scorso anno. Ed è così perchè per la testa continuano a passarmi le sue parole che, in qualche modo, rendono le cose più semplici.
E quindi tra un "easy" un "again" un "this is what?", ma soprattutto, un "you must insist" in qualche modo si va avanti e si cerca di capire.

mercoledì 19 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - Profanità al Palazzo d'Estate.

Giustamente, trovandoci in un luogo sacro, non potevamo che inserire un po' di profanità. Così, spiati dai cinesi curiosi, abbiamo dato vita a questa perla.
Piccola curiosità: mentre facevamo le "prove tecniche" di me in mabu davanti c'era una tizia che stava facendo una foto messa in un gongbu perfetto. Saluto marziale (con io che temevo un laterale volante da un momento all'altro) e via. E' stato un momento molto carino in effetti.



lunedì 17 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - La colonna sonora.

Ogni viaggio ha la sua colonna sonora in qualche modo. Quella di quest'anno in Cina è formata da canzoni che avevo preparato prima di partire ed inserito in un'apposita playlist (dal favoloso, mirabolante e fantasioso nome "China") e da altre incontrate lungo il viaggio. Per farvi sentire assaporare un po' di colonna sonora ve ne metterò di seguito alcune. Ammesso che vi interessi, ovviamente.

La prima è una hit cinese di quest'anno. L'ascoltavano tutti. Jackie ce l'aveva sul suo minivan, ma la si sentiva anche per strada (ad esempio alle edicole a Pechino) e poi, ovviamente, è stata immediatamente "acquistata" da Wil e Jao e quindi ce la trovavamo suonata dalle casse del cellulare la sera durante le nostre chiacchierate seduti sulla terrazina. (Lo so...è orribile, ma provate a mettervi nei miei panni. Non ho idea di che cosa dica ma riascoltarla provoca ricordi struggenti)

 

Questa è un'altra hit 2012 (credo, lo scorso anno non l'avevo mai sentita) di un gruppo cinese molto famoso e con al seguito una notevole schiera di ragazzine. (Lo so, anche questa è orribile)



Questa è molto tranquilla, da rilassamento ed è la versione musicale del mantra del loto. Anche questa va a gusti, ma a me piace parecchio specialmente per il suo aspetto, appunto, rilassante.



Questa...oddio...non avrei mai pensato di mettermi ad ascoltare Avril Lavigne con così tanto pathos. Ma quel maledetto di Du la cantava sempre (dicendo, poi, non si sa bene che cosa) ogni volta che si parlava della partenza di qualcuno. Ce l'aveva anche sul cellulare e ogni tanto la metteva per farci sentire un po' più tristi. Ovviamente l'ha anche cantata quando siamo partiti. Se avessi avuto uno shotgun gli avrei sparato dal minivan.



Questo gruppo è uno dei gruppi femminili più famosi in Cina. Quest'anno questa canzone ha fatto delle sporadiche apparizioni (era molto più ascoltata lo scorso anno). Ogni tanto la si sentiva risuonare per la Scuola dalla stanza di Du.



Come non mettere anche il remix di Kung fu fighting onnipresente nei video che ci faceva vedere Du dei suoi vecchi allievi?



Ed ecco la nuova scoperta cinese di quest'anno. La Leva's polka versione remix improbabile.



Questa era la sveglia di Jao la mattina.



Questa la sveglia di Wil. Che non spegneva mai con una tempistica tale da non mandarci tutti in paranoia...



Questa, invece, era la mia fantastica (nonchè poco traumatica) sveglia.




Da adesso in poi, invece, metterò le canzoni della mia playlist. Non tutte e 50 ovviamente, solo quelle che ho ascoltato di più.





















venerdì 14 settembre 2012

Wu Ji.

Interrompo un attimo la narrazione delle Cronache Cinesi 2012 per un motivo più che valido.
Volevo parlavi del progetto Wu Ji.
Che cosa è il progetto Wu Ji?
Ve lo dico subito.
E' il risultato di una passione. E' il corso che il mio amico Stefano Giusti inaugurerà a Brescia Lunedì 17 settembre. Questo lunedì, quindi.
Se qualcuno di Brescia o dintorni dovesse leggere queste pagine il mio consiglio è quello di andare a provare, o semplicemente a vedere perchè, ne sono certa, saprà stupirvi ed emozionarvi.
Ma lasciate che vi parli un po' di Stefano, anzi di Fano, come lo chiamiamo noi.
Stavo per scrivere alcune cose su di lui nel post che stavo preparando riguardante le discussioni di filosofia Chan che abbiamo fatto in Cina, ma mi sembra doveroso inserire queste cose qua, adesso, per parlarvi del suo progetto.
Fano è il laowai che un giorno ha preso e se n'è andato in Cina per mesi a coronare il suo sogno d'imparare il Kung Fu.
Quel che Fano ha fatto in Cina, invece, non è stato solo imparare il Kung Fu, è stato imparare e far suo lo spirito di quest'Arte. Uno spirito che molto spesso le persone sottovalutano o, ancor peggio, non ricordano.
Fano ha grandi meriti, grandissimi e non so nemmeno se lui se ne renda conto davvero.
Prima di tutto è uno dei fautori del successo del viaggio in Cina di quest'anno. Magari inconsapevolmente. Fano nel suo presente quando era alla Scuola a Dengfeng ed insegnava ai cinesi a bestemmiare in bresciano mentre gli facevano fare stretching ha fatto anche altro e cioè ha "civilizzato" Du insegnandogli un po' di inglese (e probabilmente molte più parolacce in italiano, ma questi sono dettagli). Nel suo presente lui di certo non l'ha fatto per avere un rendiconto, ma nel futuro questo è stato uno dei fattori che ci ha permesso di avere Du come Coach e quindi di poter imparare, per davvero, i lati importanti della Pratica.
In più Fano non si è mai risparmiato nel condividere con noi, pur conoscendoci da poco. Condividere qualsiasi cosa, dalle solite cazzate che si fanno tra amici, alle cose più importanti, ai pensieri. E anche se parla con l'accento bresciano e con un'infinità d'intercalari che farebbero sbiancare i benpensanti Fano pensa cose giuste e di una profondità che non potete immaginare.
In Cina io l'ho conosciuto per davvero nei suoi pantaloni sporchi e larghi mentre andava in giro a bullizzare i ragazzini cinesi sopra lo scooter elettrico di Du nemmeno fosse il padrone della Scuola.
Ma, e non mi stancherò mai di ripeterlo, Fano era una delle poche persone ad avere davvero il diritto di essere lì alla Scuola ad allenarsi. Perchè in mezzo a bambini svogliati, demotivati, indisciplinati lui era lì ad allenarsi con il cuore.
Si allenava anche la sera quando eravamo dal porcaro a mangiare. Lui sempre a fare pezzi di forme, calci ed altre cose. E quando gli ho chiesto perchè non se ne stesse seduto tranquillo a mangiare la sua risposta è stata "perchè dopo mesi passati a lavorare per venire qui ho gli arretrati, non è mai abbastanza".
Non è mai abbastanza.
Credo che sia molto significativo come modo di pensare.
Quel che Fano vuol fare con questo corso non è solo coronare un suo sogno, è voler portare in Italia l'aria della Cina, di Dengfeng, del tempio. Ma non quella che vediamo nei documentari, quella vera. Quella che abbiamo sperimentato anche noi quest'estate. Dove ci si allena duramente, dove per davvero si possono superare i propri timori, i propri dubbi le proprie paure. Quell'aria dove sai che l'allenamento è quando dovrai dare il massimo e forse un po' di più, ma che al di fuori di questo oltre ai discorsi filosofici c'è lo spazio anche per la parte "profana" quella scherzosa. Quella parte che unita al resto rende un gruppo una famiglia. Fano vuole portare qua quell'aria che io ho amato tanto nei miei viaggi in Cina, che è l'aria di libertà, la gioia dell'allenamento, il condividere con gli altri momenti di grandissima fatica dove per arrivare alla fine ci devi mettere tutto il cuore e se non dovesse bastare il compagno vicino ti spronerà quel tanto che basta per sopperire la mancanza.
Non voglio fare dell'inutile retorica in questo post, nè vendervi un prodotto cercando di darvi delle emozioni.
Vi sto solo dicendo quello che, a mio parere, davvero il progetto Wu Ji potrà darvi se gliene darete la possibilità.
Quindi non posso che augurare a Fano ogni qualsivoglia tipo di fortuna per questo suo sogno che percorrerà accompagnato da tutte quelle persone alle quali lui ha dato tanto in ben poco tempo.
Jiayou Fano!


P.S. Lunedì il corso sarà dalle 20 alle 22. Altri orari ed indirizzo coming soon.

sabato 8 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - Vivere con/come le bestie.

Avevo promesso anche un post su questo divertente aspetto della permanenza cinese e quindi eccolo.
Arrivati là, sebbene le condizioni fossero, come già detto, migliori rispetto a quelle dello scorso anno, ciò non toglie che in qualche modo si dovesse sopravvivere alle usanze del luogo. Sopravvivere vuol dire adattarsi. Ed adattarsi vuol dire trasformarsi in bestie (tanto già a 4 zampe camminavamo scendendo le scale quindi...).
Tanto per cominciare spieghiamo anche un po' il titolo del post e il binomio "con/come".
Si viveva "con" le bestie inteso in ogni modo intendibile. Con gli animali, con i bambini, con il resto della popolazione.
Si viveva "come" le bestie adattandosi ad alcune usanze che qua, suppongo, risulterebbero poco gradite.
Facciamo qualche esempio.
Animali.
Bestie di questo genere erano ovunque. Inoltre gli animali lì sono pompatissimi (faranno kungfu anche loro che volete che vi dica), qualunque cosa assumeva delle dimensioni improbabili.
I tafani che c'erano alle Paludi della Tristezza erano grandi quei 4 cm buoni e ti svolazzavano attorno facendo un rumore come se ti stesse per atterrare un Boing sulla testa. Non dico le lotte per eliminarli. Ogni tanto arrivavano delle sberle a caso da qualcuno che tentava di "salvarti la vita" dai malefici tafani con il risultato che si faceva un po' di Qigong duro gratuito anche in questi casi.
Poi c'erano le vespe. Quelle alla Scuola erano "ammaestrate" nel senso che mentre eri rilassata sulle panchine sulla terrazzina queste ti giravano intorno dando parecchio fastidio ma senza causare problemi veri e propri. A differenza di quelle incontrate sulla strada per le cascate dei 5 draghi che avevano deciso di piazzare il loro nido nel bel mezzo del sentiero ed erano pure un po' incazzate quando qualcuno decideva di passarci in mezzo.
Poi c'erano i ragni che abitavano la Scuola. Uno di dimensioni accettabili che aveva dimora sopra i tavolini dove c'erano le tende per il sole. L'altro, invece, era geneticamente modificato e abitava sopra le scale che portavano alla terrazzina. Aveva una ragnatela di tutto rispetto. Un giorno stavo aggiornando il diario di viaggio ed una libellula si è schiantata a tutta velocità nella ragnatela. Tempo un'ora e non era rimasto più nulla. Poi il ragno è sparito per qualche giorno prima di tornare bello ingrassato a riprendere la sua posizione.
Il simpatico ragno sopra le scale.
Poi ci son state altre bestie che hanno popolato la nostra stanza.
In primis qualcosa d'indefinito simile ad una falena grande come il palmo di una mano (vabbè della mia mano) che ha abitato il bagno per più di un giorno perchè, sebbene fossi in stanza con 3 uomini, abbiamo aspettato le luci del giorno per debellarlo. Con tanto di scenetta:
Jao entra in bagno, esce "Ragazzi, c'è un bestio enorme nel bagno!"
dal fondo della stanza "Uccidilo"
Jao esce di nuovo dal bagno. Entra Teo "Oh ma c'è una bestia gigantesca in bagno"
da metà stanza "Uccidilo"
Teo esce dal bagno. Entra Wil "Hey ma che è sta roba gigantesca in bagno?"
dal mio letto "Uccidilo"
cinque minuti dopo entro io, riapro la porta "Oh ma c'è una bestia enorme! Jao uccidila"
La mattina seguente la bestia era ancora lì che ci osservava prepararci per il power training. E' stata debellata solo la sera.
Scena più o meno simile con un millepiedi lungo quegli onesti 8 cm.
Ad un certo punto fuori dal bagno ci siamo ritrovati un cimitero di bestie cadute sul campo che nessuno ha pensato di spostare o togliere. Nemmeno ci fosse bisogno di un monito.
Una sera è entrata una cavalletta. Una sera quando ormai era ora di dormire. Quindi è stata lasciata libera di saltellare sulle teste di tutti.
Infine la fantastica scolopendra sul condizionatore. Poi che fosse o meno la bestia dal nome difficile da ricordare non so. So solo che ha scatenato il panico di Fefeng.
Anche qua 15 minuti per debellarla. Esiste un video di questa cosa. Ma per la salvaguardia della dignità dei presenti (compresa io che stavo filmando il tutto a distanza di sicurezza) non lo pubblicherò.
Vi dico solo che prima c'è stata tutta una strategia d'attacco pianificata fino all'impossibile con tanto di "se la colpissi e dovesse essere ancora viva allora mettiamo questo sotto così possiamo prenderla e buttarla fuori, altrimenti teniamo anche la ciabatta" "ma sì non ti preoccupare, non sbaglio mai, one shot one kill!" Bastonata che manca di quei 5 cm buoni l'orribile bestia. Quest'ultima salta giù dal condizionatore e s'infila in un comodino laccato dal dubbio gusto. Qua è stato il panico. Luci, torce, gente che cerca sul pc i punti deboli dell'animale, gente con autan e accendino che lancia fiammate per la stanza, persone inopportune che compaiono per dire che non trovavano più il telecomando del condizionatore e alle quali è stata sbattuta la porta in faccia.
15 minuti dopo, e qualche capo di abbigliamento bruciacchiato qua e là, una scarpa ha messo fine al terribile nemico per il sollievo di tutta la truppa.
Le mosche avevano una dimensione normale, ma erano di una fastidiosità esemplare. Le scacciavi e tornavano nello stesso esatto punto di prima. Le scacciavi di nuovo e ritornavano sempre lì. E così fino a quando non tentavi di sterminarle con qualche metodo poco ortodosso.
Le zanzare, invece, erano intelligenti. Non stavano a ronzarti intorno alla testa fino a farti impazzire. No, loro ti pungevano e basta. Ma almeno dormivi!
Poi c'erano i bambini.
Panda (chiamato, peraltro, così dal Coach stesso) che aveva questa discutibile abitudine di girare senza mutande. Quindi quando facevamo Sanda ed eravamo tutti con i pantaloncini corti...eh...immaginatevi le belle visioni che ne potevano conseguire. Inoltre il ragazzino era il campione mondiale indiscusso di peti a comando. Ogni tanto ti mollava delle renze in faccia che nemmeno una bomba chimica avrebbe sortito gli stessi effetti. Ne sono certa. Oltretutto aveva questa simpatica abitudine di lavarsi ogni tanto a pezzi con tanto che, quindi, il livello di puzza aumentava esponenzialmente di giorno in giorno fino a quando una volta il Coach non l'ha odorato e spedito in doccia per la mia gioia (e salvezza) che lo avevo accanto durante la visione di qualche video sul pc del Coach e stavo cominciando a vedere animali mitologici sopraffatta dalle emanazioni pestilenziali.
Lo Sveglio (un nome un po' cattivo per un ragazzino di 19 anni che, in effetti, non era del tutto centrato), comunque, dicevo, Lo Sveglio. Lui aveva le mutande. Lo abbiamo scoperto la sera che è uscito a riempire la borraccia vestito solo con quelle. Erano nere slavate, o bianche mai lavate, a scelta.
Lui aveva la tendenza, oltre a mollare renze, ad accorgersi dello stimolo del dover urinare quando ormai era troppo tardi ed infatti più e più volte lo abbiamo visto correre in bagno reggendosi il pacco per poi uscire sconfitto e con una chiazza inequivocabile sui pantaloni. Pantaloni che lavava, forse, una volta al mese.
Indovinate un po' chi era in coppia con lui durante alcuni esercizi di preparazione fisica? Esatto. Io. Compreso quel bellissimo esercizio dove dovevi metterti la persona sulle spalle (non sulla schiena...proprio sulle spalle) e fare piegamenti sulle gambe. Stavo soffocando dalla puzza (e anche perchè il tizio aveva iniziato a stringere le gambe per non cadere bloccandomi la respirazione).
Long Long, il piccolo demonio. Lui era una bestia e basta. E dire che il giorno che è arrivato accompagnato dai genitori ci faceva tenerezza. Era tutto timido, non parlava, non ti avvicinava, quasi non ti guardava. Poi l'hanno tosato (come del resto han fatto con quasi tutti, mettendogli intorno il grembiule con il quale il cuoco cucinava) e da lì è rinato come una bestia. Ha cominciato a diventare molesto fino all'inverosimile mentre correva ovunque urlando "laoooowaaaaaaaiiii, laaaaaooooowaaaaiiiiiii". Molesto. E poi, ovviamente, lontano dai genitori, ha smesso di lavarsi.
Ma in tutto questo noi che facevamo?
Che domande. Ci adattavamo alla fauna locale. E no, non ci arrampicavamo sui condizionatori nelle altre stanze. Vivevamo come le bestie perchè altrimenti sarebbe stata una situazione improponibile.
Quindi quando mangiavamo ci adattavamo alle usanze locali. Tolto che, almeno per noi occidentali, c'era la sacrosanta regola del "tutto quello che cade sul tavolo resta sul tavolo" specialmente dopo aver visto Lo Sveglio pulire i tavoli con le stesse cose con le quali puliva i pavimenti. Quelli del bagno compresi, ovviamente. E in ogni caso gli stracci usati dagli altri e di dubbia provenienza avevano un colore poco raccomandabile.
Comunque, al di là di questa regola, tutto il resto era ammesso. Era ammessa la carica alle ciotole con le verdure dove tutti attingevano, perchè mangiare "alla cinese" vuol dire avere il cibo in mezzo al tavolo e tutti ne prendono un po' poco a poco...niente servizi nei piatti o cose così, e quel che mi spaventa è aver pensato, e pensare tuttora, che sia molto più funzionale in questo modo. In sostanza è come avere una gigantesca ciotola d'insalata in mezzo al tavolo, invece che passare la ciotola e prenderne tutti una porzione la si lascia lì spiluccando una foglia quando se ne ha voglia. Più funzionale ma questo vuol dire condividere cose toccate dalle bacchette di tutti. Un esemplare scambio salivare.
Inoltre in Cina c'è questa simpatica e discreta usanza del sorbire il cibo. Con il riso è già più complicato ma qualunque cosa implichi "brodaglia", potete starne certi, provocherà una sinfonia di succhiamenti vari a tavola. Facciamo l'esempio con i noodles in brodo (ma anche non in brodo se è per questo). La sera c'era un inquinamento acustico che nemmeno a Malpensa. Dicono che la funzionalità di questa cosa sia raffreddare il cibo. Non lo so, quando lo fai sei così preso dal tentare di far più rumore del tuo vicino che non fai molto caso alla temperatura di quel che mangi.
Altra usanza è quella di sputacchiare sul tavolo, al lato della tua ciotola, quello che non mangi. Ad esempio tutte le ossa della carne che ci veniva proposta, i pezzi di pomodoro non mangiabili, il guscio dei "gamberetti" che strisciano e così via. Toglitela questa mania quando torni...una tragedia.
Poi mentre si mangia di solito non si beve. Non chiedetemi perchè, loro non bevono mai e alla fine anche noi ci siamo adattati a questo. Ma è un particolare poco divertente, in effetti.
Fuori dalla tavola.
Vediamo, fuori dalla tavola i ragazzi avevano deciso che fosse giusto seguire le tradizioni locali dello sputare continuo ed ingiustificato. Sputavano sempre. Il problema è che il primo giorno commenti "che schifo", il secondo "ma dai basta", il terzo "ah solo?" e dal quarto in poi o non ci fai più caso o li inciti a fare una gara di sputi.
Viste queste premesse direi che non c'è da stupirsi nel dirvi che ogni cosa fosse permessa...gente che annuncia (molto finemente) "vado a cagare", lasciare il bagno allagato dopo la doccia, lasciare che il mio accappatoio diventasse l'asciugamano di tutti (e non lavarlo mai per un mese perchè nel caso non si fosse asciugato sarei stata un po' nei guai) e così via.
Poi non parliamo dei vestiti.
La lavatrice, in genere, veniva fatta due volte alla settimana.
La modalità d'uso era quella solita dello scorso anno ovvero: tubo per riempirla d'acqua, detersivo messo a caso, 15 minuti di centrifuga in acqua fredda et voilà! Fatto il bucato! (Ogni tanto, quando la situazione lo richiedeva, facevamo addirittura due lavaggi per le stesse cose!).
Comunque, quando era ora di lavare le cose si prendeva il sacco della roba sporca e si buttava tutto dentro. Le cose di tutti insieme e tutti i colori mischiati. Poi si andava a stendere sulla terrazzina.
Questo per dire che non è che fosse così semplice lavare i vestiti. prima di tutto implicava una certa tempistica tra riempire la lavatrice, lavare, svuotare, ri-riempire, ri-svuotare, estrarre il tutto, strizzare a mano e stendere. E poi per lavare tutto si dovevano fare almeno almeno 3 lavatrici. In più si stendeva solo all'aperto. Quindi se il tempo non era clemente eravamo fregati. Troppo umido implicava lasciare le cose stese per quel paio di giorni e quindi tornavano puzzolenti, quando pioveva non potevamo stendere se non in una zona ridotta.
Quindi molto spesso partiva lo sniff-test dei capi d'abbigliamento ancora indossabili. Il che non significava affatto che non puzzassero, al massimo significava che puzzassero meno degli altri.
Il normale percorso di una maglietta era: pigiama, giornata di allenamento (quindi tutto il giorno perchè non è che ci prendessimo troppo spesso la briga di cambiarci tra un allenamento e l'altro), ed infine, quando ormai la maglietta camminava da sola e ti s'infilava a comando dotata di vita propria, diventava la maglietta per il power training. Tanto dopo il PT sarebbe stata fradicia comunque, quindi che senso aveva usarne una nuova e pulita (ammesso che ne avessimo una definibile pulita)?
Così alle 5.30 della mattina, pur avendo fatto la doccia la sera prima, puzzavamo già.
Ma tanto puzzavamo tutti quindi non ci sentivamo. Sarà questo che ci ha salvati, suppongo.
Poi è anche capitato che, qualche volta, facessimo i cinesi. Facciamo un esempio pratico. Una sera che "abbiamo fatto festa" alla Scuola ed abbiamo fatto tardi, molto tardi (lì tardi vuol dire superare le 11 di sera per la cronaca) ed il mattino dopo ci sarebbe stato il power training...bè, lo ammetto, siamo andati a dormire senza docciarci e con la divisa addosso. Ora che ci penso mi vien quasi da dire "che schifo". Quasi.
Del resto non è che nella pausa pomeridiana ci cambiassimo. E chi lo faceva stava usando quegli stessi vestiti da un mese sicchè a livello olfattivo non differiva molto dagli altri.
Eravamo così abituati ad essere sporchi per tutta la giornata che anche quando andavamo in città non ci facevamo spaventare dal doverci sedere a mangiare su dei gradini super lerci davanti a dei negozi. Il fatto che delle bambine ci abbiano regalato dei pezzi di carta da mettere sotto il sedere avrebbe dovuto, magari, farci pensare un attimo alle conseguenze del nostro sederci. E invece...
Arrivati a casa poi ci si sedeva tranquillamente sul letto. Ma anche questi son dettagli.
Le lenzuola non sono mai state lavate. Anche perchè non è che fossimo dotati di ricambi.
E nella stanza c'era così tanto umido che la prima settimana (quando ancora non avevamo libero accesso al condizionatore) tutto, e sottolineo tutto, era umidiccio. Vestiti, coperte, materasso, noi. Verso la fine della permanenza lì il mio cuscino aveva iniziato a fare la muffa su un lato. L'ho girato.
Le ciotole del cibo le abbiamo lavate, nel 70% dei casi, con un detersivo allungato con l'acqua. Allungato così tante volte da essere, poi, acqua e basta.
E poi non riesco ancora a capire una cosa.
In Cina ci sono bagni pubblici ovunque, ce ne sono tantissimi (cosa che qua, paese civilizzato, è utopica). Quel che non capisco è se mi sembrassero accettabilmente puliti perchè effettivamente non erano ridotti così male o se mi sembrassero puliti perchè tanto ormai non mi sarei schifata più di nulla.
Del resto la sera che siamo andati fuori a cena per salutare Jao e Wil che sarebbero partiti il giorno dopo i bagni del luogo erano...bè...suggestivi. Tolto che si entrava e ci si trovava davanti ad un lavandino, poi c'erano a destra e a sinistra gli ideogrammi "uomo" e "donna" e si entrava. Solo che non è che ci fossero porte o cosa..semplicemente si svoltava il muro e c'erano i bagni. Accettabilmente puliti secondo il mio punto di vista.
I bagni "accettabilmente puliti" del luogo. la sedia è geniale. Non ingrandite la foto, potreste vedere il regalino presente nel bagno sulla destra...
A proposito di bagni. Buttare la carta igienica nel gabinetto era fuori discussione. Alla Scuola perchè altrimenti si sarebbe intasato tutto, nel resto della Cina perchè...non lo so perchè...fatto stà che in ogni bagno c'è il suo cestino dove buttare la carta. Una piccola arma radioattiva, in sostanza.
Il bagno nella nostra stanza è stato pulito, suppongo, da Jao e Wil quando sono arrivati e basta. Questo fino a quando mamma Graziella non ha deciso che fosse ora di ridargli un aspetto umano.
Appena fuori dal bagno e il mio accappatoio ormai bistrattato.

Il Bagno di solito.

Mamma Graziella che pulisce.
Ovviamente noi, da brave bestie quali eravamo ormai diventati, non ci siamo mica complimentati con Graziella per la sua idea. No. Per nulla. Lo guardavamo come se fosse un alieno (del resto, poverino, era appena arrivato doveva ancora adattarsi). E come se non bastasse dopo mezz'ora sono scattati gli insulti visto che si stava formando la coda di gente bisognosa di utilizzare il bagno. Quindi con la carta da culo igienica in mano abbiamo iniziato a mettergli fretta per poi ricapitolare e correre sconfitti al terzo piano per usare i bagni lì.

Detto questo, e spero di non aver dimenticato nulla, capite bene che tornare sia stato traumatico anche per questo. Perchè dovevamo nuovamente civilizzarci. Non potevo più sparare insulti alla gente sorridendo per dissimulare perchè qua mi avrebbero capita. La carta la devo buttare nel gabinetto non in un qualche cestino. Ma soprattutto...a tavola non si può sputazzare in giro!
Sì, è molto più facile regredire allo status di bestie che ri-evolvere allo status di esseri umani.

giovedì 6 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - Il DUbolario 2.

Ovvero le frasi che avevo dimenticato di mettere nell'altro post.

- "Easy" Come ho fatto a dimenticarmene? Per lui tutto era easy. Spaccare mattoni, fare cose acrobatica che sfidavano le leggi della fisica, muoversi alla velocità della luce, scendere in posizioni inumane, andare fino alla Damo Cave in 20 minuti a/r, fare maneggi improbabili e così via...
- "Before America, Russia, China down, because if China big, maybe China punch" Descrizione della storia cinese (prima America e Russia hanno combattuto la Cina perchè se la Cina fosse cresciuta avrebbe potuto attaccarli)
- "Before Japan punch China, after japan look Shaolin Temple, after Japan Karate" Spiegazione della nascita del Karate
- "Kung fu book" Ovvero Teoria.
- "In China there is 8 boy one girl.." Altra meravigliosa descrizione della situazione cinese sulle nascite e così via...
- "Me is down, I is this" Ecco come devi fare, devi andare basso, come faccio io (detto da un'inumana posizione rasoterra)
- "Hand is where, look go where" Per dire "lo sguardo segue la mano"
- "This go" Altro postulato, un po' come "this is this". Va fatto così, è così. Fine.
- "Aaaa...botana same" Anche qua Fano docet. Detto di seguito a qualche altra nostra uscita molto signorile nel linguaggio e lui ha subito fatto una meravigliosa ed accurata associazione mentale.
- "Ciao, plonto?" Tentativi di italiano 1.
- "Blavo!" Tentativi di italiano 2.

E qualche interazione con noi

- Io che vedo una foto e gli faccio "Cool" e lui "What? Culo?" Ho seriamente pensato di morire. Per fortuna lì vicino c'era la moglie del Maestro spagnolo e, dal momento che lei è cinese, ha spiegato il termine salvandomi la vita.
- "Dangerous" E qua. Eravamo alle paludi della tristezza e non ricordo più com'è venuto fuori il discorso. Fatto sta che stavamo cercando d'insegnargli a dire "dangerous" e visto che aveva qualche difficoltà abbiamo tentato con la suddivisione della parola "dan" "dan", "ge" "ge", "rous" "What? Rose? I'm not Jack! You know? I jump you jump" e da qua abbiamo scoperto la sua grande fissazione per Titanic.
- "Go down!" "eh non riesco mi fa male" "Yes, go, down" "ma non riesco" "yes, go..." Direi che non necessiti spiegazioni.

lunedì 3 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - Il DUbolario.

Ovvero il dizionario di Du. Il nostro Coach.
Questo è forse uno degli aneddoti più divertenti da raccontare.
Partiamo dalla premessa che in qualunque occasione chiunque si presentasse con un livello d'inglese oxfordiano si sarebbe trovato in difficoltà. Nessuno l'avrebbe capito, tantomeno noi stessi occidentali.
Con il nostro Coach, poi, questo paradosso raggiungeva il limite dell'indecenza. Lo scorso anno non ci siamo mai posti il problema perchè tanto i ragazzini alla Scuola non parlavano inglese e, quindi, ci si esprimeva a versi e gesti, Jackie ha un buon livello d'inglese, ma anche con lui c'è da far attenzione a non andare troppo sul difficile, e con Coach Li scambiavamo giusto 4 parole in croce. Il resto di Dengfeng o non parlava affatto inglese (tolto qualche sperduto "hello" detto qua e là) o parlava giusto l'essenziale per poter vendere (ad esempio taglie colori e quantità).
Quest'anno, in città, si è vista una piccola evoluzione (positiva) da questo punto di vista. I bambini parlottano un po' d'inglese come hanno dimostrato le ragazzine che abbiamo incontrato alla bancarella della focaccina. Non tanto, ma almeno un minimo.
Poi, dalla nostra, c'è anche da dire che anche noi non siamo campioni nella lingua, ma almeno un minimo si riesce a cavarsela.
Tutto questo, però, va dimenticato.
Il Coach parlava una versione tutta sua dell'inglese. Con ben pochi termini nel vocabolario, con la grammatica inesistente e con una versione di sua libera interpretazione di certe costruzioni.
Il punto è: quando arrivi e lui inizia discorsi lunghissimi resti tramortito e non capisci nulla, assolutamente nulla, del senso del discorso ed hai bisogno di qualcuno che te lo traduca (ad esempio Jao o Wil che ormai erano abituati), poi cominci a capire, piano piano, la profondità del parlare dietro quella terminologia povera (perchè il Coach non era affatto uno stupido ignorante, al contrario, era una persona "che ne sapeva" davvero tante, il problema linguistico bloccava in parte il suo tentativo di trasmetterci le sue conoscenze e questo, lo ammetto, è stato un vero peccato), infine ti abitui. E con abitui intendo che inizi a parlare come lui. Perchè, ovviamente, provare a parlargli articolando frasi complicate comportava, da parte sua, uno sguardo vacuo rivolto a chi lo aveva interpellato. Quindi imparavi a parlare come lui. Senza grammatica. Imparavi a disimparare l'inglese.
Quel che mi fa più paura è stato pensare che se tutti facessero così sarebbe molto più semplice capirsi.

Ma andiamo a snocciolare le principali frasi del DUzionario.
- "This is what?" Questa era una delle frasi principali che avremo sentito miliardi di volte. Poteva essere usata per tutto. Per chiedere che cosa stessimo mettendo nel riso o per esplicitare la sua disapprovazione verso qualche movimento/posizione fatta male. Quando facevi i Taolu e lo sentivi esordire con questa frase volevi scavarti una fossa.
- "No pain, no gain" Con questa frase voleva spronarci a far di più. Specialmente quando stavamo imprecando dal dolore durante gli esercizi.
- "You must insist" Non ce la fai a stare in mabu? No, devi insistere e non cedere.
- "Today easy" Questa era LA frase per eccellenza con la quale ci sfotteva sempre. "tudei isi" voleva dire che mentre lui se la rideva noi morivamo facendo serie infinite di qualcosa. L'ha detta anche quando siamo andati alla Damo Cave, o quando facevamo i km in reverse duck.
- "Heart street" Quella che in teoria sarebbe dovuta essere la "forza" più che la "strada" anche se a me non è che dispiaccia la libera interpretazione della via del cuore. Comunque. Anche questa era pronunciata quando eravamo in agonia per spingerci a continuare. Credo che qualche volta l'abbia anche pronunciata in altre occasioni, più serie. Sempre riguardanti la Pratica, ma almeno non eravamo in mabu pronti a mandarlo a quel paese...
- "Breakfist" Cioè Breackfast, la colazione.
- "This is this" Un postulato, qualcosa contro il quale sarebbe stato impossibile appellarsi. Molto spesso era la conclusione delle sue frasi (perchè non sapeva come altro finirle) oppure per dirti "questa cosa si fa così, punto e basta"
- "One, two, three, for, fair/feir" Conteggio personalizzato by Du. Il cinque era fantastico.
- "Look front" In teoria era "guarda avanti" quando ti correggeva lo sguardo in una posizione. ma era applicabile anche alla posizione del corpo.
- "Cazzo is minchia" Qua c'è lo zampino di Fano. Visto che quando Fano aveva passato mesi in Cina erano sempre stati a stretto contatto gli aveva insegnato un po' d'inglese (ed infatti qua bisogna dar credito a Fano perchè tutto questo è stato possibile grazie alla sua opera di insegnamento) e anche qualche parola in italiano. naturalmente le parole italiane erano tutte le possibili declinazioni di qualsivoglia imprecazione o parolaccia o insulto. Quindi una sera eravamo a tavola e stavamo scherzando e tutto quanto utilizzando anche come intercalare "minchia" (dei veri signori proprio) e Du arriva e dice "minchia is what?" e quando glielo abbiamo spigato questo è stato il risultato.
- "You look where?" Quando guardavi da qualche parte, ovviamente, sbagliata.
- "You think what?" Quando facevi qualcosa per lui incomprensibile durante un Taolu o non rispondevi prontamente a una sua domanda (o perchè eri effettivamente distratto o perchè non l'avevi capita) o, anche, quando facevi qualcosa di sbagliato perchè avevi la testa altrove.
- "Now, action" o semplicemente "Action" era per darci il via a far qualcosa. Oppure per indicare un'azione ad esempio "now 25 minutes iatwai (o come si scrive, cioè stretching), after Taolu action"
- "Punch cazzo" Per indicare dove colpire.
- "Together punch" Questa era un must. Andava bene per qualsiasi cosa, azione, spiegazione, finale di frase. Se fai il saluto con le mani invertite è together punch, due amici che litigano è together punch, due stati che si scontrano sono together punch.
- "Punch" Questo era universale ed indicava qualunque declinazione di un'azione violenta tipo calcio, pugno, palmata, gomitata, combattimento, lotta, guerra, sfida e così via.
- "Ciciona" Sì, è quello che pensate. La sua versione di "cicciona" anche qua Fano docet.
- "Is good training" Riferito a qualunque cosa gli si chiedesse riguardante allenamenti per noi inconcepibili. Ad esempio "but, for you, 2 hours mabu is good?" e questa era la risposta.
- "Very down" Detto generalmente mentre ti mostrava una posizione inumanamente bassa.
- "Look I" Della serie "ti smerdo subito, guarda come faccio le cose, van fatte così non come fai tu" ma era anche un semplice richiamare l'attenzione o l'inizio di una frase dove diceva qualcosa su/di se stesso.
- "This is very" o anche "This is very very" Ecco questo è veramente. E qua finiva il discorso. Che cosa "fosse veramente" era da intuire tramite libera associazione.
- "Power face" Quando ti diceva di non fare l'espressione da cucciolo smarrito, ma una "faccia da guerra" e lui te lo mostrava facendo questa espressione ridefinita asterisco per come corrugava la faccia.
- "Who teach this?" E qua sudavi freddo. Specialmente se detto dopo che avevi fatto qualcosa che lui ti aveva mostrato prima. la risposta corretta era un vergognoso silenzio rotto da qualche "uhm" e qualche scusa sbiascicata qua e là.
- "You can this? No? Why?" Pronunciato in seguito alla dimostrazione di qualcosa di estremamente complicato. Tipo ruote senza mani in salita o salti mortali. Ma come? non riuscite a farlo? è così semplice!
- "Again" Credo che non abbia davvero bisogno di spiegazione...
- "I speak you many" Per insinuare un "you think what?" perchè, a suo dire, ci ha ripetuto molte volte quella cosa e gli è, quindi, inconcepibile che ancora non ci riesca. Del resto come spiegargli che non è per volontà nostra che i nostri corpi non siano in grado di fare certe cose?
- "Punch is punch" Un po' come "This is this"
- "You go where?" Quando sbagliavi direzione in qualche Taolu, o ti mettevi in una posizione sbagliata della fila o simili.
- "You is who?" Questa è stata geniale. Lui stava mettendo a coppie gli spagnoli per far fare loro non ricordo bene cosa, ad un certo punto si gira e se ne esce con questa frase. Noi dall'altra parte delle paludi della tristezza ci siamo piegati in due nel sentirla. Chiaramente voleva dire "tu con chi sei?" ma ne è uscita una cosa molto più somigliante ad un "ma tu chi cazzo sei?"
- "Action is friends" Particolare modo di dire che una storia d'amore parte dall'amicizia. Visto che l'action per lui era la fase preparatoria a qualcosa (calcio o inizio di jibengong ecc).
- "Funny! All together punch!" Chiaro, tutti che si picchiano non potrebbe che essere divertente! Detta quando volevamo insegnargli a giocare a ninja (un gioco stupidissimo che magari prima o poi vi spiegherò) e lui "I know many many of this, funny! all together punch!"
- "I can car" Per dire "so guidare" (che poi in realtà non ha nemmeno la patente, semplicemente Jackie gli ha insegnato a guidare un pochino ma non ha mai fatto nessun esame)
- "I gift you..." Lui ci "regalava" sempre un sacco di cose. Tipo una serie da 80 addominali, o 3 minuti di mabu la sera dopo mangiato, o altri 10 addominali quando pensavamo di aver finito e così via...un sacco di bei regali insomma!

Ora io ho bisogno di un corso d'inglese che mi faccia ricominciare a parlare normalmente, ma, soprattutto, ho bisogno di qualcuno che mi convinca che parlare così non sia meglio!

sabato 1 settembre 2012

Cronache Cinesi 2012 - L'allenamento.

Considerando il fatto che il mio viaggio in Cina è stato dettato principalmente dalla volontà di andare là ad allenarmi, mi sembra doveroso dedicare un post interamente all'aspetto degli allenamenti.
Vista la diversificazione, giorno per giorno, del programma d'allenamento, quest'anno diventa più complicato raccontare la "giornata tipo" come avevo fatto per la scorsa volta, ma cercherò di essere il più accurata possibile lo stesso.
La prima settimana eravamo solo in 4 (più 2 bambini cinesi diventati, in seguito, 3 con l'arrivo di Long Long, il piccolo demonio), quindi gli allenamenti erano più duri e non sempre veniva rispettato il programma. Mi spiego meglio: il programma era rispettato per la parte riguardante Jibengong, Taolu, Sanda, Qigong, ma non per quella riguardante l'allenamento mattutino che si trasformava sempre in power training senza possibilità d'appello e proprio per questo motivo la lezione serale era sempre snobbata dal Coach che ci lasciava liberi di riposare.
Con l'arrivo degli spagnoli il venerdì della prima settimana le cose sono cambiate ed abbiamo iniziato a seguire il programma più fedelmente. Se la mattina, dalle 5.30 alle 6.30 il programma prevedeva lezione di Taiji, Taiji sarebbe stato e non gradinate della morte. Così come la sera è stata reintrodotta a forza la lezione del dopocena che poteva variare da "allenamento libero" ovvero ripetere e riprovare quello che si era fatto durante la giornata o ciò che più ci sembrava giusto rivedere, oppure lezione di Shue Fa (calligrafia), kung fu book, lezione di cinese, meditazione, discussioni sul Chan (filosofia).
Viste le premesse, la prima settimana è stata mortale.
Mortale perchè eravamo in pochi ed in più il Coach si è focalizzato su i due nuovi arrivati che eravamo io e T.
Abbiamo ripassato i fondamentali fino allo sfinimento "one by one" più  e più volte mentre Jao e Wil ripassavano i Jibengong delle armi delle quali poi avrebbero fatto il Taolu.
Mortale perchè sono arrivata non allenata e quindi è stato difficilissimo mantenere il ritmo. Ho cercato di fare tutto dando il massimo e questo ha portato sì una grande soddisfazione per me, ma anche una quantità indefinibile di acciacchi e dolori muscolari.
Tra l'altro sembrava di essere stati rinchiusi nella stanza dello spirito e del tempo (và che colta citazione da Dragonball!) perchè i giorni sembravano non passare più.
Per amor del vero c'è questo breve aneddoto.
Martedì mi sveglio (non c'era allenamento all'alba secondo il programma) faccio per mettermi i pantaloni della divisa e con sgomento (e in mutande senza pudore) me ne esco con un "ma questi lividazzi sullo stinco da dove cavolo sono usciti??" ci penso un po' e poi "ah, deve essere stata quella volta che nel power training abbiamo sceso le scale in quadrupedia e ho strisciato la gamba sugli scalini", dal fondo della stanza T "quindi...intendi ieri?". Solo il giorno prima? Non potevo crederci. Sarebbe stata una lunga, lunghissima settimana. Ed infatti è stato così. Una settimana interminabile con sempre più dolori tanto che certe mattine doversi alzare dal letto non era un'impresa mentale per via dell'ora quanto un'impresa fisica visto che ogni muscolo urlava di dolore. Braccia, gambe, addominali, spalle, schiena...tutto!
Il primo lunedì è iniziato con il power training mattutino. Sveglia alle 5, vestizione e poi nella zona comune mezzi abbioccati ad aspettare l'arrivo del Coach.
La routine della mattina era sempre questa: aspettare, uscire, saluto appena fuori dalla Scuola. Poi si camminava fino al ponte e lì "little warm up" che consisteva nello scioglimento delle articolazioni. Tutti in fila e si cominciava a correre giù per la discesa che portava verso il Tempio.
Da lì si continuava ancora un po' per finire in una zona dietro al Tempio dove c'erano i malefici gradini. Gradini che scendevamo e salivamo in ogni modo possibile. Essendo veramente in pochi, pur andando uno alla volta, il tempo per poter riprendere fiato era davvero poco e quindi si era sempre in carenza d'aria.
Iniziavamo salendo la scalinata con degli scatti per poi tornare giù a piedi il più velocemente possibile. Si continuava con i balzi (una tortura visto che, un po' per timore di prendere una facciata, un po' per la conformazione dei gradini che erano diversi tra di loro e alti, io li saltavo uno a uno...) e si scendeva in quadrupedia.
Poi si salivano a corsa incrociata. Infine si risalivano velocemente a piedi e ci si spostava in una piazzola per continuare l'allenamento.
Lì si facevano esercizi per i polpacci ovvero tutti in piedi sul bordo di una lastra di pietra orizzontale e si "molleggiava" ("tudei isi, ai gift iu onli 50").
Dopo salti sempre su quella lastra: piede su e bisognava spingersi in alto sia con il destro che con il sinistro per poi tornare nella posizione iniziale. Nemmeno a dirlo fare entrambe le gambe corrispondeva, come conteggio, a 1.
Un momento di relax per riprendere fiato e si scendeva andando davanti al Tempio.
Lì seduti sul bordo del muretto, tenendosi dietro con le mani e avendo le gambe penzoloni tese si facevano gli addominali a portafoglio. Anche qua easy, 50.
Poi il terribile esercizio per le braccia dove sollevandosi sul muretto bisognava spostarsi lateralmente con le mani.
Infine si tornava verso la salita che portava al villaggio ormai speranzosi di aver finito e invece il Coach con aria tutta soddisfatta annunciava quella che è stata rinominata la "reverse duck of the death" ovvero dover camminare a papera all'indietro. In salita. Per un tragitto lungo, lunghissimo. "Dis is gud, after gud mabu".
In qualche modo ci si riusciva a rialzare dalla reverse duck e si camminava (normalmente) fino alla Scuola dove ci si abbandonava sui divanetti della zona comune in attesa della colazione.
Non sempre il power training si svolgeva con queste modalità. Ad esempio quando pioveva o era piovuto la notte prima e, quindi, le scalinate risultavano impraticabili, ci si allenava davanti al Tempio. Si cominciava con una dannata gara a coppie. Il Coach dava il via e bisognava fare il giro da ponte a ponte (e non era un percorso breve, fidatevi). Chi arrivava primo finiva lì, chi arrivava secondo doveva rifare la stessa cosa con gli altri che avevano perso. Se ci si metteva troppo tempo non era da escludere un terzo giro.
Nel caso in cui ve lo stiate domandando, sì, ho fatto anche il terzo giro.
Poi soliti esercizi di polpacci e altre cose davanti al Tempio come correre portando gente in spalla, balzi, papera, carriola e così via.
Finito tutto questo ti accorgevi che erano da poco passate le 6.30. C'era ancora tutta la giornata davanti.
Ma la mattina con la sorpresa più bella è stata quella del primo lunedì che c'erano anche gli spagnoli.
Per poter suddividere il gruppo era arrivato un vecchio allievo di Du che lo avrebbe aiutato.
La mattina ci facciamo trovare tutti in fila davanti alla Scuola e Du presenta il nuovo Coach. Poi se ne esce con "Tudei Damo Cave. Ranning. Uan auar go end bek. Coach Liu cam uit iu. Ai go splip!!".
Il primo pensiero è stato "ah ci sta prendendo in giro", il secondo "forse intende che faremo la strada che porta alla Grotta di Damo per andare alla scalinata più grande visto che siamo in tanti", il terzo "siamo fottuti".
Intendeva davvero la Damo Cave, senza ma e senza se.
Per amor del vero vi metto un paio di foto per farvi capire il perchè della mia profonda demoralizzazione.
questa foto è scattata poco dopo l'uscita della Scuola. Cercate pure la Damo Cave.

Questa è scattata dal ponte. Qua dovrebbe essere più facile individuarla.

Ecco uno zoom sulla statua. La Damo Cave era un pochino più in basso rispetto alla statua. Ma comunque siamo anche saliti fino alla cima, non preoccupatevi.
Va anche detto che una volta arrivati la soddisfazione è tanta. Ma nel mentre con il Coach che ti grida "queria queria!!" (veloce, veloce!) e i tuoi polmoni che stanno esplodendo e non sai più dove trovare l'aria ed i muscoli delle gambe che ti bruciano come non mai non pensi alla soddisfazione dell'arrivare alla meta ma solo a quale delle tante imprecazioni che hai in testa poter dar voce.
Vista dalla Damo Cave

Vista dalla Damo Cave

Damo Cave (l'unica foto che sia stata in grado di scattare..)

La gente che raccoglie pensierini per me lungo la strada...

Più su la Statua di Damo

Vista dalla Statua di Damo

Foto seria di gruppo

Foto "seria" di gruppo

E poi si torna
La colazione era alle 7.30 (e quando andavamo alla Damo Cave, potete giurarci, arrivavamo nemmeno troppo prima e affamati come se non ci fosse un domani), al riso in brodo, pane e verdure seguiva la colazione italiana con biscotti e caffè. I rituali del bagno e alle 8.30 c'era l'allenamento della mattina (mattina intesa quella dopo il sorgere dell'alba naturalmente).
La prima settimana ci siamo sempre allenati nel vicolo davanti alla Scuola.
Il riscaldamento del Coach era più che altro una sorta di gioco. Ci si metteva in fila e il primo partiva correndo, toccava il muro e tornava indietro. Poi doveva fare sasso forbice carta con il seguente della fila, chi vinceva andava in fondo alla fila ad aspettare il suo turno, chi perdeva correva. Quindi in realtà si poteva anche o non correre affatto oppure correre 5/6 volte di seguito (presente!).
Fatti un po' di giri il gioco finiva e seguivano i soliti 50 di polpacci e piegamenti sulle gambe.
Scioglimento articolazioni e stretching per 15/20 minuti dove venivamo lasciati liberi di eseguirli con le nostre tempistiche.
Divisione dei gruppi per il resto degli allenamenti (secondo programma).
Quando facevamo Sanda era diverso. Si portavano fuori le materassine, ci si sedeva in cerchio e si faceva sasso forbice carta per decidere chi sarebbe stato il primo povero sfortunato a doversi trovare in mezzo. Al che partiva la lotta. Chi era seduto in cerchio aveva in mano un colpitore che doveva passare agli altri senza farlo prendere al povero cristo in mezzo. Inutile dire che in tutto questo il possessore del colpitore poteva...bè...colpire la sfortunata vittima.
Prima di essere in tanti questa lotta era fino alla morte. Cioè fino a quando non si riusciva a strappare di mano il colpitore. Quando poi sono arrivati gli spagnoli si è trasformato in una cosa più civile dove sarebbe bastato afferrarlo con entrambe le mani. Fino ad allora ogni volta sembrava di essere i gladiatori nell'arena. L'unica regola era non uccidere, per il resto si poteva fare di tutto. E di tutto abbiamo fatto.
Io ad esempio ero partita con qualche remora, poi dopo 5 minuti che mi giravo e rigiravo come un'idiota ho abbandonato la civiltà trasformandomi una bestia e quindi non mi sono risparmiata nè leve nè piedi in faccia.
Là, piede in faccia e calcio nelle palle con tanto di "molla il fottuto colpitore!"
Gli allenamenti di Sanda erano sempre molto tecnici (e faticosi). Serie di combo con pugni e calci e così via. Molto spesso si finiva a coppie e si facevano 10 minuti di pao ciascuno (che poi erano 20 minuti di fatica totale visto che tenere i pao non è che fosse propriamente una passeggiata...)

Verso le 10 venivamo graziati con 5 minuti di pausa per dissetarci e rilassarci un attimo prima di affrontare l'ultima mezz'ora di allenamento.
Alle 10.30 tutti in fila, si salutava e ci si rilassava prima del pranzo che era alle 11.30
Relax che nella maggior parte dei casi consisteva in stretching per conto nostro e/o sessione di Qigong duro (manate su sacchi di iuta pieni di fagioli di soia, energy brush su braccia, gambe, addominali e schiena).
Stessa modalità per l'allenamento del pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00
18.30 cena.
Quando sono arrivati gli spagnoli, per ovvie questioni logistiche e di spazio, ci siamo trasferiti in quelle che d'ora in avanti saranno chiamate "paludi della tristezza" ovvero degli spazi più o meno pianeggianti spersi nel bosco lì vicino. 5 minuti a piedi su un sentiero per poter arrivare. Oltretutto i primi tempi a noi poveri cristi che le abbiamo sperimentate per primi ci è anche toccato disboscare la zona strappando a mani nude l'erba per cercare di allargare lo spazio utilizzabile.
Ed è proprio nelle paludi della tristezza che il venerdì della prima settimana ci ho lasciato la caviglia destra. Mentre provavo l'action del loto. In un falso piano. Con buche e pietre. Stack! Evviva.
Comunque. Diciamo che le paludi non erano sempre paludi, lo erano quando pioveva e sì, ci siamo andati anche dopo la pioggia collezionando così tanto fango sotto le scarpe che continuavano a svolazzare in giro pezzi di fango ogni volta che facevamo qualcosa. Una pesantezza nei piedi mai provata prima.




Questo quello che accadeva in linea di massima.
Poi gli allenamenti principali erano: Jibengong, Taolu, Qigong duro, Sanda, Qigong morbido, Taiji.
- Jibengong, Si ripassavano le basi (e con basi intendo tutto, dalle posizioni, ai pugni ai calci e così via) più qualche nuovo Jibengong introdotto un po' per farci divertire, ma, soprattutto, per utilità. Come ad esempio quelli che servivano per migliorare la mobilità di anca e busto.
- Taolu. Qua si studiavano le forme.
- Sanda. Tecniche di pugni, calci, proiezioni ecc..
- Qigong morbido. Era solo la mattina del mercoledì (e solo quando sono arrivati gli spagnoli). Esercizi per il risveglio muscolare e respirazione.
- Taiji. Solo il sabato mattina. Esercizi semplici di base dello stile Chen.
- Qigong duro. Esercizi di condizionamento e potenziamento. Non erano volti solo al dover fare delle rotture, erano proprio per fortificare il corpo in quei punti dove potresti venir colpito o con i quali colpirai. Gli allenamenti erano abbastanza massacranti magari non tanto per la parte fisica del dover far qualcosa, ma per la parte di resistenza. Resistenza al dolore naturalmente.
Si cominciava con i sacchi pieni di fagioli di soia e si facevano 5 serie da 50 per mano (1 serie consisteva in palmo, dorso e taglio, quindi 3 colpi), si continuava con gli energy brush su avambraccia, braccia, addominali, gambe, schiena, poi sollevamento di mattoni e varie ed eventuali che il Coach poteva inventarsi. Compreso, ovviamente, la parte finale di balzi lunghi e ritorno in papera.
Mattoni da dover sollevare arrotolando la corda intorno allo stecchetto di legno

Sacchi con fagioli di soia

Energy brush sul braccio

Energy brush sulla gamba

Energy brush sulla schiena

Era difficoltoso anche dover picchiare il compagno
E bene o male questo è quanto.
Giusto per chiarire. Non è che fossimo tutti felici e contenti di doverci alzare alle 5 per fare power training. Anzi..
Ma la soddisfazione una volta finito, quando ti accorgevi di aver fatto quel qualcosa in più rispetto alla volta precedente era incomparabile.
Ciò non toglie che quelle due mattine che siamo svegliati con lo scrosciare della pioggia fuori si è accesa una piccola fiammella di gioia nel sapere che il Coach sarebbe sceso per dirci che "tudei big rein so ui ken rest. maibi tumorrou". Non che la prospettiva dell'indomani ci rendesse felici (visto che comunque ormai eravamo in piedi e vestiti...), ma comunque il poter tornare in stanza e ributtarsi a letto per quel giorno era ok.
Che poi c'erano proprio quelle sere che sapevi che il giorno dopo saresti stato senza forze (vuoi per l'aver fatto tardi vuoi per la stanchezza accumulata) e allora controllavi 5 siti diversi per sapere se sarebbe piovuto o meno.
In ogni caso, il power trining la mattina era quella cosa che ti faceva andare a letto timoroso la sera prima, ti faceva svegliare disperato alle 5, ti rendeva felice ed orgoglioso dopo.
La mia faccia al rientro dopo il primo power training (sorridevo ancora...che illusa!)

Esercizio per le spalle mentre aspettavo il pranzo. Ovviamente qualcuno ha pensato bene di appenderci una pesantissima maglietta sudata.

Allenamento dietro al Tempio

Allenamento dietro al Tempio

Allenamento dietro al Tempio