venerdì 14 ottobre 2011

Cronache Cinesi - Mezzi di trasporto e viaggi.

Un altro punto che vorrei toccare del viaggio in Cina riguarda i vari mezzi di trasporto visti e presi nel corso delle tre settimane.
In realtà credo sia molto divertente raccontare questi aspetti del viaggio perchè disegnano la realtà del luogo molto diversa dalla nostra. Mi rendo anche conto, però, che facendo questo io stia solo procrastinando il momento nel quale dovrò un po' tirare le somme del viaggio. Facendola breve la situazione è questa: sono tornata il 5 settembre e da allora non riesco a far altro che pensare alla Cina, è una specie di morbo non ci posso far nulla.
Ma dicevo, parliamo dei mezzi di trasporto.
Jackie, la nostra guida, strozzino ed intermediario del luogo, ci propinava per ogni viaggio un pulmino formato famiglia per poterci portare tutti sullo stesso mezzo e non doverci dividere.
Il primo mezzo preso una volta atterrati a Pechino è stato, dunque, un pulmino. Non di ultima generazione ma comunque comodo, spazioso e funzionante.
Il treno veloce che in 5 ore ci portava da Pechino a Zhengzhou (nell'Henan; dista da Pechino circa 740 km) era spettacolare. Tolto che la stazione di Pechino (una delle tante) era semplicemente immensa, la trafila per arrivare al treno è ben diversa da quella italiana. Prima di tutto ci sono controlli per i bagagli quasi come in aeroporto, poi si arriva al "gate" e si aspetta che diano l'ok per poter passare. Nel mentre c'è gente in coda in piedi o seduta che principalmente mangia. Mangiano sempre, in qualsiasi orario o luogo. Forse il nostro essere stranieri era segnato più dal fatto che non stessimo mangiando i noodles nell'attesa più che dal non aver gli occhi a mandorla.
Comunque, una volta passati dai tornelli ed aver esibito i nostri biglietti ci siamo trovati a correre dietro a Jackie e a fare la gincana tra la fiumana di gente perchè, nonostante il prezzo del biglietto, ed il posto a sedere assicurato, dovevamo arrivare prima per poter piazzare le valigie. Altra cosa che ho imparato (al ritorno) è che non si scende (non ti fanno scendere, a dire il vero) sul marciapiede fino a quando il treno non è arrivato. Una volta lì si hanno ben pochi minuti per trovare la carrozza ed accomodarsi che il treno riparte subito. Mi è anche sorto il dubbio che qualche povero ritardatario sia rimasto appiedato.
Il treno era molto comodo, i sedili puliti e spaziosi. Ogni 2 per 3 passavano delle tizie vestite con la divisa, suppongo della compagnia ferroviaria, che svolgevano diversi compiti: c'era quella che si assicurava che nessuno mettesse i piedi sui sedili e che le cinghie degli zaini non pendessero dal portabagagli, quelle che passavano a ritirare la spazzatura di ogni singolo viaggiatore e quelle che distribuivano i sacchetti di carta nuovi e puliti per qualsivoglia emergenza.
Nel centro della carrozza c'era questo schermo del quale non ho capito l'utilità dal momento che per tutto il viaggio è rimasto con questa immagine fissa di un fiore. Bella come immagine, per carità, ma perchè?
Sul fondo della carrozza passavano scritti prima in cinese e poi in inglese l'ora, la velocità, la temperatura esterna e interna.
Vicino ai bagni e di fronte allo spazio dove venivano messi i bagagli più ingombranti, c'era il distributore di acqua calda che veniva usato da quasi tutti i passeggeri o per prepararsi i noodles o per il tè.
E questo, con una temperatura interna di qualcosa come 20 gradi nella migliore delle ipotesi (e quindi felpe e sciarpe che sembrava di essere in Siberia) era il treno veloce.
A Pechino avevamo visto dei trabiccoli che loro spacciavano per almeno 4 persone ma che a noi sembrava potessero portarne al massimo 1 o 2 stando schiacciati. Erano queste specie di api 50 però in versione ridotta e rivista.
A Dengfeng, poi, il numero di veicoli assurdi aumentava in modo esponenziale.
Partiamo dai veicoli "normali".
Per spostarci, visti i prezzi irrisori, usavamo quasi sempre i taxi.
I taxi erano variegati. Non conoscendo la realtà locale posso solo supporre che appartenessero a diverse compagnie (cambiava il colore della vettura per intenderci) ma non ho mai visto qualcosa che potesse realmente avvalorare questa mia ipotesi.
Comunque, i modelli delle auto erano bene o male sempre quelli con ben poche variazioni.
I tassisti hanno questa malefica abitudine di non far mai uso del tassametro e questo implica il non riuscire mai a capire quando un taxi possa essere libero o meno. ma questo era un problema minore dal momento che la maggior parte non si faceva problemi a caricare diverse persone o ad abbandonare i propri passeggeri/amici in mezzo alla strada per raccogliere noi stranieri.
Bene o male il prezzo standard per muoverci era sui 10元 (poco più di 1 €), eccezion fatta per i tragitti più lunghi tipo verso i vari Templi di Shaolin, Fawang e Yongtai dove il prezzo saliva "ben" a 30 元Alcuni taxi avevano l'entrata dalla parte del guidatore e l'uscita dalla parte opposta. Tutti avevano una grata divisoria tra i sedili posteriori e quelli anteriori. Le cinture di sicurezza era un optional. Non nel senso che non ci fossero, ma nel senso che, probabilmente, nessuno le deve aver mai utilizzate. A dire il vero quelle poche volte che abbiamo compiuto l'atto di volercele mettere il tassista ci ha guardati come se fossimo dei poveri pazzi. Che poi vista la loro guida c'era anche ben poco da ridere, comunque.
La zona al di là della sbarra, quella dove io sono stata una sola volta e sono anche parzialmente morta di paura (perchè già dietro è un viaggio della speranza, davanti è anche peggio), è occupata da ogni genere di oggetto o cosa. Prima di tutto c'è l'inutilizzato ed impolverato tassametro, poi la radio, ed infine la zona del portaoggetti che strabocca di: biglietti da 1 元, cellulare (che l'autista non si vergognava mai di utilizzare sebbene stesse guidando), cicche spente e, quindi, anche una montagna di cenere, ed oggetti non identificabili.
I taxi alternativi erano: o dei pulmini o delle auto di privati.
I pulmini li usavamo quando ci spostavamo in massa e comunque erano sempre gestiti da privati, infatti più di una volta abbiamo viaggiato con il tipo che guidava e la sua famiglia dietro. Erano, ad ogni modo, molto comodi e funzionali, e tutti assolutamente uguali: grigi fuori e con gli interni con queste stoffe bianco/panna/zozzume con un motivo leggermente quadrettato.
Le auto di privati erano sempre (eccezion fatta per un solo caso quando siamo saliti su una Toyota) di produzione cinese. Quindi ci trovavamo dentro questi macchinoni con gli interni quasi ben curati e il cruscotto in finto legno e passavamo il tempo a chiederci se in un crash test si sarebbero o meno accartocciati scontrandosi con una bicicletta.
Tutte le auto e tutti i pulmini, generalmente, avevano qualcosa appeso allo specchietto retrovisore: il rosario buddista, il tipico pendallocco rosso con varie immagini (e qualcuno anche con l'immagine di Mao), od altre cose.
Il pullman.
Qualche volta abbiamo preso anche questo. Il 2 per volere essere precisi. Ci portava nella via principale (quella del Dicos e del raviolaro per intenderci).
Per salire non era necessario avere un biglietto, si saliva dalla parte dell'autista e si metteva una banconota (o una monete) da 1 元 dentro ad una cassetta e via si poteva viaggiare per tempo e km "x".
L'autobus era strano. Più di una volta siamo capitati su uno abbastanza scabercio, ma qualche volta ci è capitato quello di "lusso". Il problema è che questi autobus sono piccoli. E per dirlo io...
Sono bassi. Comunque lì la regola è quella che i posti a sedere devono essere tutti occupati ed infatti ti guardano in cagnesco se stai in piedi quando mezzo autobus è libero.
Fortunatamente non abbiamo quasi mai viaggiato schiacciati come sardine perchè passavano con una regolarità ed una quantità disarmanti. Altro che ATM.
Arriviamo adesso ai mezzi più interessanti.
Un'alternativa ai taxi erano i vari trabiccoli. Diversi da quelli che avevamo visto a Pechino perchè erano coperti ma aperti dietro ovvero a rischio di caduta per chi se ne stava seduto in fondo. Erano trainati da dei motorini e quindi potete ben immaginare la scarsa potenza del mezzo. Più di una volta ci siamo domandati se saremmo mai arrivati a destinazione visto che ad ogni salita la velocità calava drasticamente. Non parliamo poi dell'intossicazione da gas di scarico dello stesso mezzo dentro quella diavolo di cabina.
Questi erano i mezzi sui quali abbiamo viaggiato noi.
La popolazione locale, invece, poteva vantare moltissimi altri mezzi di trasporto.
Molto variegati e, come dire, inusuali.
Alcuni assomigliavano ai suddetti trabiccoli ed erano per il trasporto familiare.
Il pezzo forte era, però, costituito da un mezzo artigianale e originale.
Prendete una motozappa. Avete presente? Bene, togliete la parte per arare i campi e sostituitila con un seggiolino, attaccateci dietro un cassone per portare gente o roba ed ecco un mezzo di trasporto. Ne avessi visto solo uno lo potrei ritenere il caso isolato di una mente geniale...visto che ne ho visti molti non posso più catalogarlo come tale.
Parlando di questi mezzi emerge una domanda spontanea: ma le targhe?
Noi ci poniamo questa domanda...i cinesi risolvono non usando le targhe. Ovvero: la maggior parte dei mezzi ne hanno una, ovviamente, ma questi artigianali decisamente no e quel che è più assurdo è che nemmeno alcune auto erano dotate di targa. Ne vedi una e pensi "l'avrà persa", ne vedi 10 e già non può più essere coincidenza.
Questi i mezzi principali visti lì.
I viaggi erano ogni volta un terno al lotto. La loro guida è folle e apparentemente senza senso, tuttavia gli incidenti erano pochissimi e il loro non rispetto delle regole stradali sembrava avere in qualche modo un senso. Io ancora non l'ho capito.
Insomma è difficile capire come non possa causarsi una catastrofe di dimensioni gigantesche quando: i pedoni non vengono mai rispettati ed ogni volta le macchine passano facendo loro il pelo anche sulle strisce pedonali, i sorpassi avvengono senza differenziazione sia sulla destra che sulla sinistra, il clacson è un puro optional da usarsi sempre e comunque senza distinzione, sia normale fare inversioni a U ovunque, ovviamente anche in mezzo ad un incrocio, ed ovviamente anche con il rosso, o sorpassare ad un incrocio con il rosso ed il verde per i pedoni, passare un incrocio di una delle strade più trafficate della città con il rosso, non rispettare il numero di persone su un mezzo (ad esempio viaggiare tranquillamente in 7 in un auto) e così via.


(Il treno)

(La motozappa)

martedì 11 ottobre 2011

Linkin Park - Breaking the Habit.



Memories consume
Like opening the wound
I'm picking me apart again
You all assume
I'm safe here in my room
Unless I try to start again

[Bridge:]
I don't want to be the one
The battles always choose
'Cause inside I realize
That I'm the one confused

[Chorus:]
I don't know what's worth fighting for
Or why I have to scream
I don't know why I instigate
And say what I don't mean
I don't know how I got this way
I know it's not alright
So I'm breaking the habit
I'm breaking the habit
Tonight

Clutching my cure
I tightly lock the door
I try to catch my breath again
I hurt much more
Than anytime before
I had no options left again

[Bridge:]
I dont want to be the one
The battles always choose
'Cause inside I realize
That I'm the one confused

[Chorus:]
I don't know what's worth fighting for
Or why I have to scream
I don't know why I instigate
And say what I don't mean
I don't know how I got this way
I'll never be alright
So, I'm breaking the habit
I'm breaking the habit
Tonight

[Bridge:]
I'll paint it on the walls
'Cause I'm the one at fault
I'll never fight again
And this is how it ends

[Chorus:]
I don't know what's worth fighting for
Or why I have to scream
But now I have some clarity
to show you what I mean
I don't know how I got this way
I'll never be alright
So, I'm breaking the habit
I'm breaking the habit
I’m breaking the habit
Tonight

giovedì 6 ottobre 2011

R.I.P. Steve.



"I am honored to be with you today at your commencement from one of the finest universities in the world. I never graduated from college. Truth be told, this is the closest I've ever gotten to a college graduation. Today I want to tell you three stories from my life. That's it. No big deal. Just three stories.

The first story is about connecting the dots.

I dropped out of Reed College after the first 6 months, but then stayed around as a drop-in for another 18 months or so before I really quit. So why did I drop out?

It started before I was born. My biological mother was a young, unwed college graduate student, and she decided to put me up for adoption. She felt very strongly that I should be adopted by college graduates, so everything was all set for me to be adopted at birth by a lawyer and his wife. Except that when I popped out they decided at the last minute that they really wanted a girl. So my parents, who were on a waiting list, got a call in the middle of the night asking: "We have an unexpected baby boy; do you want him?" They said: "Of course." My biological mother later found out that my mother had never graduated from college and that my father had never graduated from high school. She refused to sign the final adoption papers. She only relented a few months later when my parents promised that I would someday go to college.

And 17 years later I did go to college. But I naively chose a college that was almost as expensive as Stanford, and all of my working-class parents' savings were being spent on my college tuition. After six months, I couldn't see the value in it. I had no idea what I wanted to do with my life and no idea how college was going to help me figure it out. And here I was spending all of the money my parents had saved their entire life. So I decided to drop out and trust that it would all work out OK. It was pretty scary at the time, but looking back it was one of the best decisions I ever made. The minute I dropped out I could stop taking the required classes that didn't interest me, and begin dropping in on the ones that looked interesting.

It wasn't all romantic. I didn't have a dorm room, so I slept on the floor in friends' rooms, I returned coke bottles for the 5¢ deposits to buy food with, and I would walk the 7 miles across town every Sunday night to get one good meal a week at the Hare Krishna temple. I loved it. And much of what I stumbled into by following my curiosity and intuition turned out to be priceless later on. Let me give you one example:

Reed College at that time offered perhaps the best calligraphy instruction in the country. Throughout the campus every poster, every label on every drawer, was beautifully hand calligraphed. Because I had dropped out and didn't have to take the normal classes, I decided to take a calligraphy class to learn how to do this. I learned about serif and san serif typefaces, about varying the amount of space between different letter combinations, about what makes great typography great. It was beautiful, historical, artistically subtle in a way that science can't capture, and I found it fascinating.

None of this had even a hope of any practical application in my life. But ten years later, when we were designing the first Macintosh computer, it all came back to me. And we designed it all into the Mac. It was the first computer with beautiful typography. If I had never dropped in on that single course in college, the Mac would have never had multiple typefaces or proportionally spaced fonts. And since Windows just copied the Mac, it's likely that no personal computer would have them. If I had never dropped out, I would have never dropped in on this calligraphy class, and personal computers might not have the wonderful typography that they do. Of course it was impossible to connect the dots looking forward when I was in college. But it was very, very clear looking backwards ten years later.

Again, you can't connect the dots looking forward; you can only connect them looking backwards. So you have to trust that the dots will somehow connect in your future. You have to trust in something — your gut, destiny, life, karma, whatever. This approach has never let me down, and it has made all the difference in my life.

My second story is about love and loss.

I was lucky — I found what I loved to do early in life. Woz and I started Apple in my parents garage when I was 20. We worked hard, and in 10 years Apple had grown from just the two of us in a garage into a $2 billion company with over 4000 employees. We had just released our finest creation — the Macintosh — a year earlier, and I had just turned 30. And then I got fired. How can you get fired from a company you started? Well, as Apple grew we hired someone who I thought was very talented to run the company with me, and for the first year or so things went well. But then our visions of the future began to diverge and eventually we had a falling out. When we did, our Board of Directors sided with him. So at 30 I was out. And very publicly out. What had been the focus of my entire adult life was gone, and it was devastating.

I really didn't know what to do for a few months. I felt that I had let the previous generation of entrepreneurs down - that I had dropped the baton as it was being passed to me. I met with David Packard and Bob Noyce and tried to apologize for screwing up so badly. I was a very public failure, and I even thought about running away from the valley. But something slowly began to dawn on me — I still loved what I did. The turn of events at Apple had not changed that one bit. I had been rejected, but I was still in love. And so I decided to start over.

I didn't see it then, but it turned out that getting fired from Apple was the best thing that could have ever happened to me. The heaviness of being successful was replaced by the lightness of being a beginner again, less sure about everything. It freed me to enter one of the most creative periods of my life.

During the next five years, I started a company named NeXT, another company named Pixar, and fell in love with an amazing woman who would become my wife. Pixar went on to create the worlds first computer animated feature film, Toy Story , and is now the most successful animation studio in the world. In a remarkable turn of events, Apple bought NeXT, I returned to Apple, and the technology we developed at NeXT is at the heart of Apple's current renaissance. And Laurene and I have a wonderful family together.

I'm pretty sure none of this would have happened if I hadn't been fired from Apple. It was awful tasting medicine, but I guess the patient needed it. Sometimes life hits you in the head with a brick. Don't lose faith. I'm convinced that the only thing that kept me going was that I loved what I did. You've got to find what you love. And that is as true for your work as it is for your lovers. Your work is going to fill a large part of your life, and the only way to be truly satisfied is to do what you believe is great work. And the only way to do great work is to love what you do. If you haven't found it yet, keep looking. Don't settle. As with all matters of the heart, you'll know when you find it. And, like any great relationship, it just gets better and better as the years roll on. So keep looking until you find it. Don't settle.

My third story is about death.

When I was 17, I read a quote that went something like: "If you live each day as if it was your last, someday you'll most certainly be right." It made an impression on me, and since then, for the past 33 years, I have looked in the mirror every morning and asked myself: "If today were the last day of my life, would I want to do what I am about to do today?" And whenever the answer has been "No" for too many days in a row, I know I need to change something.

Remembering that I'll be dead soon is the most important tool I've ever encountered to help me make the big choices in life. Because almost everything — all external expectations, all pride, all fear of embarrassment or failure - these things just fall away in the face of death, leaving only what is truly important. Remembering that you are going to die is the best way I know to avoid the trap of thinking you have something to lose. You are already naked. There is no reason not to follow your heart.

About a year ago I was diagnosed with cancer. I had a scan at 7:30 in the morning, and it clearly showed a tumor on my pancreas. I didn't even know what a pancreas was. The doctors told me this was almost certainly a type of cancer that is incurable, and that I should expect to live no longer than three to six months. My doctor advised me to go home and get my affairs in order, which is doctor's code for prepare to die. It means to try to tell your kids everything you thought you'd have the next 10 years to tell them in just a few months. It means to make sure everything is buttoned up so that it will be as easy as possible for your family. It means to say your goodbyes.

I lived with that diagnosis all day. Later that evening I had a biopsy, where they stuck an endoscope down my throat, through my stomach and into my intestines, put a needle into my pancreas and got a few cells from the tumor. I was sedated, but my wife, who was there, told me that when they viewed the cells under a microscope the doctors started crying because it turned out to be a very rare form of pancreatic cancer that is curable with surgery. I had the surgery and I'm fine now.

This was the closest I've been to facing death, and I hope it's the closest I get for a few more decades. Having lived through it, I can now say this to you with a bit more certainty than when death was a useful but purely intellectual concept:

No one wants to die. Even people who want to go to heaven don't want to die to get there. And yet death is the destination we all share. No one has ever escaped it. And that is as it should be, because Death is very likely the single best invention of Life. It is Life's change agent. It clears out the old to make way for the new. Right now the new is you, but someday not too long from now, you will gradually become the old and be cleared away. Sorry to be so dramatic, but it is quite true.

Your time is limited, so don't waste it living someone else's life. Don't be trapped by dogma — which is living with the results of other people's thinking. Don't let the noise of others' opinions drown out your own inner voice. And most important, have the courage to follow your heart and intuition. They somehow already know what you truly want to become. Everything else is secondary.

When I was young, there was an amazing publication called The Whole Earth Catalog , which was one of the bibles of my generation. It was created by a fellow named Stewart Brand not far from here in Menlo Park, and he brought it to life with his poetic touch. This was in the late 1960's, before personal computers and desktop publishing, so it was all made with typewriters, scissors, and polaroid cameras. It was sort of like Google in paperback form, 35 years before Google came along: it was idealistic, and overflowing with neat tools and great notions.

Stewart and his team put out several issues of The Whole Earth Catalog , and then when it had run its course, they put out a final issue. It was the mid-1970s, and I was your age. On the back cover of their final issue was a photograph of an early morning country road, the kind you might find yourself hitchhiking on if you were so adventurous. Beneath it were the words: "Stay Hungry. Stay Foolish." It was their farewell message as they signed off. Stay Hungry. Stay Foolish. And I have always wished that for myself. And now, as you graduate to begin anew, I wish that for you.

Stay Hungry. Stay Foolish.

Thank you all very much."

(Steve Jobs - Standford 2005)

martedì 4 ottobre 2011

Cronache Cinesi - Di animali e simili.

In Cina sono stata a contatto con innumerevoli animali, tra quelli che si sono esplicitamente palesati, quelli che si facevano solo sentire e quelli che, invece, sapevo esserci ma non ho mai visto.
Stillando un elenco le cose starebbero più o meno così.
1- Pipistrelli.
Questi erano grosso modo ovunque. Ne abbiamo "visti parecchi" nel capannone dove ci siamo allenati quando faceva un po' più caldo (e qua apro una significativa parentesi dove torno a domandarmi il perchè di questa scelta visto che sì, fuori faceva caldo, ma nel capannone anche di più e c'era da aggiungere, poi, la montagna di polvere che si alzava ad ogni passo; forse star fuori non sarebbe stata un cattiva idea). Comunque, nel capannone se ne annidavano moltissimi, ma in realtà ci siamo accorti della loro presenza solo per le zone cosparse di escrementi in vari punti. L'altro simpatico pipistrello che non siamo riusciti a vedere ci faceva compagnia la notte appeso da qualche parte fuori dalla nostra finestra riempiendo il davanzale di escrementi. Infine, l'ultimo esemplare, dominava il corridoio del nostro piano volando ad altezza uomo ogni sera. Credo che sia anche rimasto immortalato in una foto. La prima volta che l'ho visto stavo cercando di placare la fame serale con qualche Oreo e son rimasta con il biscotto a mezz'aria vedendolo passare davanti alla porta della stanza.
2- Topi (?)
Il punto di domanda è, in questo caso, d'obbligo poichè nessuno li ha mai visti. Di sicuro qualcosa doveva pur far rumore nel nostro controsoffitto. Poi magari erano lucertole, vallo a sapere. Lo zampettio instancabile e le condizioni nelle quali eravamo ci rendevano più propensi ad abbracciare la teoria dei topi.
3- Grilli.
Ora: uno pensa "hey ma i grilli son carini". Sì è vero lo sono. Sono anche innocui.
Tutto questo vale se non ne restano due chiusi dentro al bagno.
Durante la giornata uno aveva deciso di prendere possesso della nostra stanza ed infatti ogni volta che ci si stendeva sul letto lo si vedeva saltare stizzito da qualche altra parte. La sera abbiamo sbattuto le coperte per evitare di schiacciarlo ma di lui nessuna traccia. Risultato: lo abbiamo trovato nel bagno. Ovviamente non nel bagno in senso generico, no, dentro al gabinetto. Dal momento che, spirito Chan e tutto, nessuno aveva nessuna voglia di infilare le mani nell'acqua stantia per tirarlo su (ma nemmeno affogarlo con qualche secchiata d'acqua) abbia deciso che si sarebbe potuto guadagnare la sua libera uscita ed infatti in ben poco tempo ha guadagnato il bordo del gabinetto con tanto che prima di andare a dormire ho avuto una faccia a faccia carico di sfida con lui mentre usufruivo della bacinella (avevo accennato al fatto che noi fanciulle eravamo obbligate ad urinare nella bacinella sì?).
Bene, grillo salvo, possiamo andare a dormire. Chiudiamo la porta del bagno per evitare che le emanazioni mortali ci uccidano nel sonno e ci prepariamo a dormire. Io, come al solito, mi infilo le cuffie per ascoltare un po' di musica per dormire.
Non ci sono riuscita. Il malefico grillo e il suo compagno che vai a capire quando diavolo è entrato hanno iniziato una sonora protesta. Era impossibile dormire facevano un baccano atroce. Tanto che Fra, che di solito lascia correre, si è alzato per accompagnare i nostri due ospiti fuori dalla porta. Uno sfratto in piena regola.
4- Moscerini o mutazioni simili.
L'unica lampada funzionante della stanza attirava (o produceva, a scelta) uno sciame infinito di pseudo-moscerini. Sembravano moscerini ma erano molto più piccoli. Nella mia ignoranza li ho catalogati come moscerini sottosviluppati. Comunque, questi moscerini se si fossero fermati a gironzolare intorno al neon non avrebbero dato poi così tanto fastidio. Il problema si è presentato quando hanno deciso di esplorare la zona sottostante ovvero la parte sinistra del mio letto e la parte destra del letto della Manu. Tutto quello posato sui letti (e quindi una micro trapunta, un lenzuolo, e cose a caso che venivano spostate prima di andare a dormire e classificabili sotto le categorie di armi, asciugamani altre cose da allenamento) veniva invaso da questi cosi che poi non avevano nemmeno la grazia di togliersi alla prima scrollata, no, dovevamo impegnarci per scacciarli con il risultato che molti finivano con il rimanere lì e pace.
5- I torturati.
Sotto questa macro categoria rientrano tutti quei poveri animali che avevano la disgrazia di finire tra le mani dei ragazzini cinesi.
Ora questi ragazzini non avevano cattive intenzioni, ma nessuno ha mai insegnato loro che è poco carino giocare con gli animali o che comunque non sono fatti di adamantio e quindi prima o poi finiscono con il perdere qualche pezzo per forza.
Nella lista rientrano: 1/2 uccellini (in realtà questi li hanno trovati feriti ed hanno anche cercato di curarli. da quel che so uno ha avuto un incontro ravvicinato con un muro mentre cercava di svolazzare in giro per scappare dalle bestie fameliche), N scarafaggi, N "non so il nome" comunque quei cosi orribili a sei zampe con corazza che se ne stanno sottoterra (l'impresa era cercare di restare impassibile quando te lo sventolavano sotto al naso perchè far capire loro di provare ripugnanza avrebbe portato alla tortura di trovarsi questi cosi nei capelli ogni qualvolta si fossero palesati), N altre cose simili e di dubbia provenienza.
6- Gatti.
Dal porcaro (Santo Porcaro) c'era una piccola famigliola di gatti costituita da mamma gatta più i suoi due piccolini uno rosso come lei e l'altro striato grigio. Erano molto coccolosi e ogni volta che eravamo a mangiare là ci gironzolavano intorno alla ricerca di cibo. Erano così carini che era un'impresa non accarezzarli. Passavano la serata al nostro tavolo e ad arrampicarsi sugli alberi del controviale con il risultato che ogni tanto si sentivano i tonfi di una poco agile discesa. Come seconda attività i due piccoli mici facevano gli assassini. Qualunque insetto nei dintorni non aveva scampo. Li avrò visti accerchiare e mangiare un numero infinito di scarafaggi ed una sera abbiamo seguito in diretta il match gatto VS mantide con la conseguente sconfitta della seconda che è stata brutalmente divorata, ovviamente.
7- Cani.
Fuori dal Santo Porcaro si aggirava anche un cane che sembrava essere randagio ma a volte sorgeva il dubbio che fosse stato in qualche modo adottato dal porcaro. Non credo che avesse intenzione di mangiarlo visto che era praticamente uno scheletro. Ovviamente mentre io osservavo guardinga ogni suo spostamento tutti gli altri si scioglievano con tanti "oooh che carino" o "ooh guarda che sguardo tenero". Nella mia mente era un essere famelico.
L'altro cane con il quale ho avuto a che fare è quello che Chris (Mr. Breeze per gli amici) ha comprato un giorno. Mr. B. era lì da tipo 3 mesi o giù di lì quando siamo arrivati e si sarebbe fermato per un intero anno e quindi ha detto "i need a friend" e si è comprato sto cucciolo grande poco più di una mano e lo ha messo nella vasca da bagno. Lo ha pagato 8 euro. Nella strada principale, quella dove c'è il fast food Dicos, c'era un tizio che ogni giorno si piazzava lì con queste povere bestie chiuse in gabbia e le vendeva. Erano così piccoli che non ne ho mai capito (e non mi sono nemmeno chiesta troppo a lungo per paura della risposta) come potesse pretendere di venderli a qualche cinese perchè li adottasse.
8- Cibo.
Qua preferisco sorvolare. Nel senso, perchè sia chiaro, non sto parlando dei normali animali da mangiare (pollo, maiale etc...) parlo di cose improbabili viste alle bancarelle più le varie mosche trovate nel riso e altre cose alle quali preferisco non pensare.
9- Visti in giro.
Nella mia profonda ignoranza credo di non poter classificare nemmeno un decimo degli animali visti in giro. Con tanto che alcuni esistono e vivono anche qua in Italia, altri, invece, avevano dei colori assurdi e improbabili. Alcuni però erano molto carini. A vedersi.
10- Cinesi.
Come ultimo lascio la popolazione locale.
Ora so benissimo che alcune cose (tipo la malefica mania di scaracchiare ovunque e nei pressi di chiunque) siano insite nella quotidianità locale del paese e che risultano strane solo perchè qua non si fanno, ma a volte è davvero difficile pensare come una cultura possa avere una concezione così diversa riguardo alla pulizia. Non parlo solo di quella personale che vabbè, in alcuni casi magari è difficile da mantenere se ti obbligano a lavarti a secchiate e non in una doccia, ma perchè i bambini al di sotto dei 2 anni girano con questi pantaloni tagliati che lasciano in bella mostra ogni zona intima permettendo loro di fare i bisogni ovunque? Soprattutto perchè è così se i pannolini esistono, li vendono e costano relativamente poco? Perchè il tuo taxi è così sporco che se metto una mano sulla cintura di sicurezza me la ritrovo completamente nera? Qua gli esempi si sprecherebbero e vanno dalla pulizia generica di ogni luogo (ristorante, negozio, farmacia...) a come sono state riposte le merci sugli scaffali (o meglio, forse sarebbe il caso di domandarsi "da quanto"), dal fatto che non sembra igienico mangiare in negozio e soprattutto mangiare accovacciato a terra e via così.