Questo viaggio penso che sia stato, sotto molteplici aspetti, quello più complicato.
Il primo anno era il viaggio dell'entusiasmo, il secondo quello del ritorno, questo è onestamente difficile da definire in una sola parola a così poco tempo dalla sua conclusione. Già in partenza era anche lui il viaggio del ritorno, ma era anche, per vari motivi, quello delle decisioni, delle aspettative, quello che avrebbe potuto cambiare qualcosa. Forse potrei definirlo quello della consapevolezza.
Questa volta diventa difficile parlare di un unico viaggio. In qualche modo è come se fosse diviso in varie parti ed è complicato cercare di unirle in un solo racconto riassuntivo.
In primis è stato qualcosa di voluto fortemente già dal mio rientro lo scorso anno, qualcosa per il quale ho lavorato (e non in senso figurato) per tutto il tempo, togliendo spazio ad altre cose che avrei potuto fare od essere. Avrei potuto essere più presente, avrei potuto andare e fare altro...avrei...ma non è andata così e sono cose passate. Qualcosa ho riaggiustato, altro no, ma sono scelte che non posso cambiare ed anzi che probabilmente rifarei, forse dimostrando un po' di ottusità perchè spero che le persone capiscano le motivazioni alle quali io non riesco a dare spiegazione.
Perchè ogni volta che mi chiedono "ma perchè lo fai?" io non ho mai una valida risposta da poter dare. O meglio, non ho mai una risposta che sia valida per gli altri.
Ma torniamo all'esperienza cinese di quest'anno.
Una parte del viaggio è stata caratterizzata dallo stress. Sì esatto: stress. Non cercato o voluto da me, ovviamente, ma impiantato da terzi.
Stress per dover fare cose che non mi competevano, stress perchè non arrivavano i soldi dal lavoro, stress perchè, dopo l'esperienza dello scorso anno, arrivare e trovare una struttura messa su a caso con una gestione a caso ha fatto scendere l'entusiasmo (e non il costo dello stare lì).
Stress perchè tutte queste cose avrei preferito evitarle e in molti momenti non ho davvero capito perchè, per quale motivo mi sarei dovuta sobbarcare determinate cose e perchè dopo aver lavorato una quantità infinita di ore alla settimana (nei miei meravigliosi 3 lavori per un totale di 600€ scarsi al mese...) fossi ancora lì ad aspettare di avere soldi a sufficienza e che a momenti vado in rosso sul conto quando avrei dovuto avere liquidità sufficiente per pagare la vacanza.
E onestamente, anche se a molti potrebbe non sembrare così, io ero in vacanza. E cioè a fare qualcosa di piacevole e a rilassarmi.
Dunque i primi giorni, seppur mitigati dalla compagnia e dagli allenamenti, non sono stati esattamente il massimo. E non lo sono stati al punto che, se non avessi già pagato il tutto, probabilmente sarei scappata da un'altra parte. Giusto per dare un'idea generale della situazione.
Passati questi giorni di tortura e di bile ho deciso che era il momento di finirla. Basta con stress, scervellamenti, rabbia e tutto quanto. Basta. Sono arrivata lì con dei buoni propositi e voglia di fare, migliorare, andare avanti. Quindi era arrivato il momento di prendere solo le cose buone dell'esperienza e lasciare indietro tutto il resto.
Ovviamente è stato più facile prendere la decisione che metterla in atto, ma in qualche modo, complici i miei compagni di viaggio la cui presenza ha aiutato non poco, piano piano ho ritrovato quella pace che contraddistingue il tempo trascorso in Cina.
Considerando che ci saranno vari post di aggiornamento (come sempre) sulle varie tematiche specifiche (allenamenti, modi di vivere etc), in questo vorrei concentrarmi su altro.
Riassumiamo brevemente la situazione.
La nuova Scuola si trova circa a metà strada tra la città ed il Tempio Shaolin, eravamo all'altezza della salita che porta a Yongtai (nel caso in cui qualcuno fosse pratico della zona), quindi una zona piuttosto "strana" per gli spostamenti. La vista era mozzafiato sul lago e sulla (discutibile) diga nonchè, in lontananza, sui tetti del Tempio. E sulla Damo Cave. La maledetta Damo Cave.
Vista dal tetto dei campi d'allenamento |
Dal campo d'allenamento al tramonto durante la lezione del dopocena |
Sempre dal campo di allenamento al tramonto |
La scuola, di per sè, non sarebbe nemmeno stata male come struttura se non fosse che, causa umidità, era piena zeppe di scolopendre e che per 2 settimane è stata in overbooking di persone (altro fattore di stress) il che ha comportato che dovessimo dividere gli unici due bagni disponibili con 36 persone. Va bene che i ragazzini cinesi avevano la latrina fuori, ma le docce erano sempre e comunque due.
Per il resto era bene o male organizzata come lo scorso anno.
Entrata più tavolo per i pasti smontabile |
Zona acqua, bollitore, caffè. E carta moschicida. |
"Dispensa" appena fuori dalla cucina e dal bagno |
Il caos primordiale..err...la stanza |
Sala delle armi |
Sala delle armi |
Dove lavavamo le scodelle |
Vista del giardino davanti (e della latrina) |
La cucina |
Frigo e microonde! |
Uno dei due bagni |
Al di là di questi aspetti che tratterò meglio prossimamente, parliamo del viaggio.
Come ogni volta è stato un momento di scoperta.
Alcune scoperte molto gradite altre, invece, un po' meno.
Una di quelle poco gradite è stato scoprire che la Scuola non fosse più sotto la guida del Maestro Shi De Yang, ma fosse, semplicemente, la Scuola di Jackie.
Ora, parlandoci chiaramente, non è che la cosa mi avrebbe dato poi così fastidio. Ad averla saputa prima e non a caso una volta lì.
E probabilmente, messa di fronte alla scelta tra le due scuole, sarei andata lì comunque perchè c'è Du che sa come insegnare a noi laowai, che sa come spronarci, come tirar fuori il meglio da noi e sa guidarci per migliorare noi stessi sia nella pratica che al di fuori di essa.
Per una differenza di prezzo di circa 100€ su un viaggio che, di per sè, ne conta all'incirca 2000, io avrei, comunque, scelto di andare lì. Sarebbe bastato saperlo.
Le scoperte gradite, invece, riguardano quasi tutte i miei compagni di viaggio.
Persone con le quali ho condiviso una quantità di tempo variabile a seconda di ognuno di loro quando ero qua in Italia e con le quali mi son trovata a dover condividere tutta la giornata una volta là.
A queste persone devo davvero molto non solo per i momenti di svago ed idiozia che abbiamo avuto tra un allenamento ed un altro, ma, e soprattutto, per il sostegno che ognuno, a modo suo, è riuscito a darmi nel corso della vacanza. Sostegno che andava dalla battuta al chiedere "come va?" al poter parlare seriamente ed in qualche modo sfogarsi ed alleviare dubbi, pesi, problemi. Sostegno anche durante gli allenamenti. Dal semplice aspettare mentre si saliva con i secchi d'acqua dal lago alla scuola, oppure con le pietre o quando dovevamo fare la forma 10 e passa volte consecutive sotto al sole cocente delle 10.45 della mattina e l'unico modo per andare avanti era attingere alla forza di volontà e alle voci di chi ti urlava di non mollare e "dai che manca poco" "dai che ce la fai" "resisti".
Alla fin fine è anche questo un insegnamento ed è quello che ho sempre sostenuto: che da soli non vale la pena allenarsi ed andare avanti.
Praticare è molto di più.
Il miglioramento tecnico è, chiaramente, uno degli obiettivi principali, ma non quello fondamentale.
Io preferisco andare lì e migliorare come persona, come "mente" ed in genere è quello che accade se uno presta attenzione a quello che lo circonda e a quello che i propri compagni di viaggio sono disposti a condividere. Nonchè alle parole di Du.
Du che, anche questa volta, è stato un elemento fondamentale. Per una serie infinita di motivi.
Du che m'imbarazza chiamarlo "Coach" perchè è molto di più, lui non può che essere definito "Shifu" "Maestro" perchè in questa disciplina c'è davvero differenza tra i due termini.
Du che quando è stata ora di decidere quali forme fare mi ha domandato che cosa volessi imparare e, dopo aver bocciato la mia idea (sulla quale anche io nutrivo infiniti dubbi) ha deciso che avrei dovuto fare sciabola. Di tutte le armi possibili ed esistenti sciabola. Di tutte le armi quella che decisamente non mi piace per nulla. O meglio, non mi piaceva.
Ammetto che non sia stato bellissimo. I primi tempi proprio non ci riuscivo...più andavo avanti con la forma e meno mi piaceva. E si vedeva lontano un miglio che non ci stavo mettendo per niente la testa.
Eppure Du mi ha spronata.
Lui ha scelto quell'arma perchè, secondo la sua esperienza, probabilmente quella più adatta a me non solo per l'arma in sè, ma anche perchè imparando ad usarla (più o meno) avrei migliorato molte mie lacune di postura, movimento, tempistiche.
E per quanto potesse essere difficile alla fine c'è riuscito. Mi sono impegnata e a furia di farla e di sentirmi dire "no non va bene" e cosa migliorare e come fare ci sono riuscita. Chiaramente non penso nemmeno lontanamente di far bene la forma, penso solo di essere migliorata esattamente in quello che lui aveva predetto. C'è ancora da lavorare, ma so su cosa e so come.
Du è in grado di fare questo. Perchè per passare dallo stato mentale nel quale ero (complici anche i primi giorni di stress/scazzo) a quello con il quale sono andata via ci vuole una persona che sappia come prenderti e ribaltarti come si deve.
Du è quella persona che non si spreca in complimenti, anzi, a dirla tutta, sono più le volte che ti dice che non va bene quello che fai che il contrario. Ma quando quella volta, fosse anche solo una in una settimana o più, ti dice "good" allora sai che davvero hai fatto quel qualcosa in più. E non ti illudi di essere realmente brava perchè, ovviamente, vedendo e sapendo a quali standard sia abituato, "good" è un modo per dire "bene, ti stai impegnando".
E il suo "good" valeva più di mille effimeri complimenti fini a se stessi.
E non vi racconto quale stato emotivo mi coglieva ogni volta che diceva "bene, io vi ho detto (per la centesima volta) cosa dovete migliorare, ora avete mezz'ora per rivedere la forma se quando torno fate gli stessi errori e non vedo che avete provato a cambiarli io non ve lo dico più". Potrà sembrare una cattiveria a prima vista, ma vi assicuro che non è così. Perchè alla fin fine ha ragione. Lui le cose le ha sempre dette e c'è chi lo ha ascoltato e ci ha provato e chi, invece, pensava sempre ad altro. E allora era un modo per testarci, per capire quanto volessimo andare avanti, per vedere quanto ci importasse, fin dove eravamo in grado di spingerci, quali limiti (fisici e mentali) eravamo in grado di boicottare per quanto possibile.
E la ricompensa arrivava.
Arrivava ogni volta che a fine allenamento ci faceva il discorso. Arrivava ogni volta che iniziava dicendo "I hope.." e questa sua speranza, senza voler fare davvero della retorica inutile, ma volendo rispecchiare la realtà dei fatti, era qualcosa che andava oltre le semplici parole d'incoraggiamento.
Sentirlo parlare così davvero mi ha fatto sperare. Di poter migliorare, di poter andare avanti, di poter decidere.
Uno dei propositi iniziali di questo viaggio era quello di poter tornare avendo tra le mani una decisione più o meno definitiva su che cosa fare.
Diciamo che non è andata esattamente così. Complici alcuni fattori sono tornata, se possibile, con ancora più dubbi. Ma con la ferma decisione che ok, va bene, fino a dicembre posso anche continuare così, ma poi basta. Basta con la mancanza di dignità che c'è dietro allo zerbinaggio che sto attuando pur di portare a casa 300€ da una parte e nemmeno 300 dall'altra, basta. E anche basta stare in silenzio per il quieto vivere.
Perchè qua è come dice Du nel suo cinglese "stop think you are not good, belive me. I speak you good so you are. If you think day by day you are not good then you never be good" "smettila di pensare di non essere brava, credi a quello che dico. Se ti dico che sei brava allora lo sei. Se pensi ogni giorno di non esserlo allora non lo sarai mai". Ed ovviamente è un insegnamento utile non solo per la Pratica.
Perchè continuando così finirò davvero con il pensare che non ci siano prospettive migliori quando so benissimo che non è così.
Può far male all'inizio, ma, chiaramente, migliorerà con il tempo.
No pain, no gain!
E a discapito dei dubbi e delle incertezze ammetto di aver imparato molto da questo viaggio.Tanto per cominciare ho imparato come separarsi sia qualcosa che assuma a seconda dei casi diverse sfumature.
Io che ho sempre millantato una certa esperienza sul distaccamento (complici tutti quelli che ho vissuto in questi anni con il finire dell'università) ho capito che in realtà non ho capito quasi nulla.
So distaccarmi dalle persone, ma non ho mai messo in conto che ogni saluto ha un suo peso. A volte è un arrivederci, a volte un forse ci si rivede, a volte un prima o poi riusciremo a rivederci. A volte un addio.
Ed è l'ultimo quello più difficile da concepire.
Perchè salutare i ragazzini lì alla Scuola ha un suo peso. Il peso di una distanza non indifferente che costa e che non è detto che riuscirò nuovamente a colmare il prossimo anno. Il peso di un paese in continuo mutamento e che, anche se mai riuscirò a tornare, magari avrà portato qualcuno a prendere la sua strada e vai tu a sapere quale. Come nel 2011. Persone, volti, vite che ho incontrato per 3 settimane e poi ho dovuto lasciare. E lo scorso anno non li ho rivisti, quest'anno alcuni sì, ma gli altri? Gli altri non so nemmeno dove siano e sono persone che probabilmente non rivedrò mai più.
E con questi pensieri è difficile togliersi dagli occhi l'immagine del gruppo riunito a salutare la nostra partenza mentre noi ci allontaniamo sull'auto in direzione Zhengzhou.
Diventa facile dire di saper lasciar andare le cose o le persone quando tutto quello che sai lasciar andare è un amico che prende il treno ma che probabilmente sai che rivedrai se non il prossimo mese quello dopo.
Una pretesa un po' semplicistica non credete?
Salutate voi Long Long o Scimmietta o Libro o Panda o chi per loro mentre ti guardano come se avessi piantato loro un coltello in mezzo alle scapole senza sapere se li rivedrai o saprai mai che fine abbiano fatto.
E tra secchi, pietre, forme, Damo Cave, anche quest'anno ho imparato ad andare avanti.
Perchè alla fin fine ci sono ben poche cose che non possono essere superate con il giusto atteggiamento e con le giuste persone al proprio fianco. Ed io sono stata davvero fortunata.
Fortunata perchè son potuta tornare, fortunata per i miei compagni di viaggio, fortunata per avere avuto Du. Paradossalmente fortunata per la situazione perchè anche quella ha insegnato e rivelato molte cose.
Trovo quasi assurdo come ogni volta viaggiare in Cina mi riveli molteplici cose. Quando pensi che non ci sia più nulla di veramente nuovo da scoprire ti devi ricredere. Ed è per questo che per me questo viaggio ha così tanta importanza.
Perchè sebbene abbia avuto connotazioni negative all'inizio alla fin fine sono davvero riuscita a riportare a casa solo le parti positive raccogliendole pian piano nel corso delle varie giornate.
Le persone là mi hanno insegnato, ognuno per conto suo, diverse cose che mi aiuteranno a crescere andando avanti.
La Cina è, da 3 anni a questa parte, l'unico posto dove io mi senta giusta ed adeguata. L'unico posto che sia in grado di regalarmi non solo tranquillità facendomi staccare il cervello ed aprendo il cuore, ma anche me stessa.
Ed ogni anno vado lì a cercarmi perchè non ho ancora trovato altri luoghi o altre situazioni in grado di fare lo stesso.
Ho visto questi cambiamenti anche nelle persone lì. Senza voler essere pretenziosa, ma i mutamenti si vedevano nei gesti e si sentivano nei discorsi. Ognuno a modo suo ed ognuno nel modo a lui più consono ed utile, s'intende. Non tutti cerchiamo le stesse cose.
Paradossalmente in un luogo dove vige il proibizionismo noi laowai che ci andiamo impariamo ad aprire gli occhi.
Il mondo credo sia bellissimo, ma se devo scegliere tra quello e tutto quello sopra descritto allora scusate, ma io scelgo la seconda opzione.
Ognuno arriva là con i suoi problemi e, come dice Du, è come se il nostro cuore avesse le porte chiuse e noi dobbiamo imparare ad aprire queste porte.
"Open your heart" perchè il viaggio non è finito, è appena iniziato.
Long Long |
Kung Fu Photo davanti al Tempio |
Amici ritrovati, il cuoco dello scorso anno |
Foto con il Maestro Shi De Yang |
Alla consegna dei diplomi |
Con Shifu Du |
Kung Fu Photo serie....allo zoo |
Walking Dead (per una manciata di tonno) |
Confermo. Essere nel posto più nascosto, più scomodo, più sporco, più inospitale, più lontano dal nostro modo di vivere... nonostante tutto sentirsi a casa e aver bisogno di ritornarci. No sense!
RispondiElimina:)
Eliminameno male che qualcuno abbraccia il mio pensiero.
però davvero...no sense!!!