Cominciamo con il dire che gli allenamenti seguivano più o meno l'andazzo dello scorso anno. Quindi un programma completo che faceva conoscere a noi laowai molte sfumature della pratica. Chiaramente fare Tai Chi una sola volta alla settimana non è che ci permettesse d'impararlo, ma ci permetteva di sperimentarlo. Ed io credo che nel bagaglio culturale di ogni Praticante sia giusto che ci siano questi elementi che verranno approfonditi o meno dallo stesso a seconda dei suoi interessi.
La lavagna con la programmazione e gli orari delle giornate |
Potete anche notare quel piccolo dettaglio mortale il sabato dal nome "Damo Cave". La famigerata amata/odiata Damo Cave.
Ma procediamo con un certo ordine.
1- Morning Class
Queste lezioni andavano sempre dalle 6.00 alle 7.00
Generalmente erano allenamenti mortali che si svolgevano sulla salita che portava dal lago alla strada.
In questi allenamenti si cominciava sempre (oltre che con il terrore negli occhi) con un giro di corsa dalla scuola ad una "lapide" raggiungibile dopo non essersi uccisi nella discesa, dopo aver superato il percorso in salita sulla strada sterrata e poi aver fatto l'inverso...dove la salita diventava una scivolosa e spacca caviglie discesa e la discesa una ammazzafiato salita. Arrivati di nuovo al punto di partenza 50 squat, poi altro giro di corsa. Tornati, ancora una volta, 50 piegamenti sulle braccia. Poi si cominciava.
Tutti gli esercizi venivano fatti sulla parte in salita della strada, ovviamente. Le sequenza potevano variare, ma tra gli evergreen troviamo esercizi molto diverti quali (e tutti rigorosamente con andata in salita e poi ritorno):
- balzi lunghi
- papera veloce
- carriola (molto divertente su una strada asfaltata ma con sassi e ghiaia presenti sul percorso...i palmi ringraziano tantissimo)
- il "cavallo" dove praticamente l'esercizio implicava che uno prendesse una gamba del compagno all'altezza della caviglia ed iniziasse a correre come un dannato mentre l'altro doveva stargli dietro saltellando sull'unica gamba d'appoggio. Andata e ritorno con la stessa gamba, cambio con l'altra e poi era il turno del compagno. In realtà era faticoso fare entrambe le cose. In uno perchè, oltre il forsennato saltellamento, c'era il terrore di scivolare e stamparsi poco dignitosamente a terra (o finire nei campi ai lati, cosa ancor peggiore visto che, almeno in uno, scaricava la latrina). Nell'altro perchè comunque bisognava correre trascinandosi dietro una persona.
- corsa con compagno in spalla
Finite queste divertenti sequenze, in genere, si tornava al giardino davanti alla scuola per completare l'opera:
- addominali a portafoglio...100 (però altri 10 ce li regalava sempre alla fine "I gift you other 10! go!")
- saltelli sugli scalini con doppio salto e unico conteggio (sempre 100, ovviamente)
- polpacci (50)
La conclusione poteva essere fatta con 3 onesti minuti di mabu sui paletti.
Quindi saluto e colazione.
Durante alcuni di questi meravigliosi mortali momenti mattutini ci sono stati altri esercizi divertenti.
Ad esempio:
- raccogliere dal mucchio una pietra (mucchio che vi spiegherò successivamente come si sia formato) e fare saltelli stendendo e ritraendo le braccia a tempo con la pietra in mano
- prendere pietre dal mucchio, disporsi a zig zag e lanciarsi le suddette pietre (piedi, avambracci, mani, busto e coronarie ringraziano).
Questo quando dovevamo fare physical training.
Quando c'era Tai Chi, invece, andavamo o giù al lago oppure nel secondo campo di allenamento ed imparavamo i primi movimenti della 74 stile Chen. Ammetto che sia stato un peccato non poter approfondire meglio e poter dedicare solo un giorno alla settimana anche perchè Du, nemmeno a dirlo, era davvero bravo ed in grado di spiegare egregiamente i movimenti. Naturalmente, a vedere lui, sembrava che io non avessi mai praticato i miei 5 anni di Tai Chi.
Ci sono state delle mattine nelle quali al posto del physical training abbiamo fatto altro. Ad esempio in una siamo stati graziati facendo Qi Gong (probabilmente perchè Du ci aveva visti con delle espressioni significativamente stanche) oppure facendo qualche Jibengong (utile e un po' meno stancante del power training).
Alla fine di uno dei primi PT |
Espressioni di persone vive e felici... |
L'espressione di chi cerca di far finta di essere viva (notare la pezzata, le braccia scorticate e la maglietta che porta i segni delle pietre...) |
E poi c'è chi è felice e basta! |
2- Dalle 7.00 alle 8.30
In questa ora e mezza cercavamo di riprenderci dagli sforzi mattutini e ci preparavamo per la colazione.
Visto che la cuoca di quest'anno era tutto tranne che in grado di poter cucinare, ci siamo dovuti adattare in altri modi. Tolta la mia famosissima moka che da 3 anni a questa parte mi accompagna fedelmente nei miei viaggi in Cina regalando gioia e caffè a tutti, gli altri elementi base erano rappresentati da pacchi di biscotti made in Esselunga, biscottame vario preso nei supermercati in Cina, marmellate, tortine, latte.
Insomma in qualche modo, almeno per la colazione, era possibile variare e sopravvivere alla cucina della Patty (nome dato alla cuoca della quale non abbiamo mai imparato quello vero di battesimo).
Finito il tutto sparecchiavamo, pulivamo le ciotole ed inizava il lungo travaglio della coda per il bagno anche perchè i ragazzini cinesi (poverini) erano stati schiavizzati a pulire le zone comuni e decidevano di farlo sempre e comunque negli orari peggiori (vedi dopo colazione, dopo pranzo etc...ovvero negli orari più papabili per le code al bagno).
Un miracolo mattutino: il riso saltato! |
Standard di colazione |
3- AM Class.
Lezione che andava dalle 8.30 alle 10.30
Questa classe si suddivideva in varie tipologie a seconda dei giorni. In linea di massima la mattina era dedicata ai Jibengong tranne il mercoledì che c'era Sanda ma che quasi nessuno faceva e quindi veniva trasformato in tecniche di Qinna (prese e leve articolari) o nell'insegnamento di un Duilian (combattimento prestabilito), e il giovedì dove c'era lezione di Qi Gong soft.
Quando facevamo Jibengong il riscaldamento consisteva in N giri del campo e poi esercizi uno ad uno sulla diagonale.
Nel corso dei vari allenamenti avremo imparato circa una quindicina di Jibengong che oltre ad essere molto belli sono anche utilissimi. Oserei quasi definirli un bagaglio tecnico più importante delle forme imparate. Ogni Jibengong ha una sua specificità volta a migliorare vuoi la postura, vuoi la velocità o la coordinazione o la mobilità delle anche e del busto.
Naturalmente anche in questi allenamenti ci sono state delle varianti molto divertenti che narrerò singolarmente insieme a qualche altra "chicca".
Lezione al chiuso per via del maltempo |
4- Dalle 10.30 alle 16.30
Finito l'allenamento ci si raccoglieva nel miglior modo possibile e si aspettavano le 11.30 per poter pranzare. Il tempo poteva essere impiegato in diversi modi: semplicemente riposando, facendo il catino con il bucato e così via...
Sembrerà strano ma già alle 11 iniziavamo ad aggirarci intorno alla cucina come degli squali spronando la Patty a muoversi a preparare il pranzo perchè avevamo fame. Ogni minimo ritardo era visto come un attentato alle nostre vite. Ed ogni pranzo, viste le schifezze cucinate, anche, a dire il vero. La Patty era talmente incapace nell'arte culinaria che ormai le scatolette di tonno/ragù/sgombro erano diventate nostre amiche inseparabili per ogni pasto. A pranzo ci andava bene perchè potevamo prendere il riso dalla cuociriso e infilare nella ciotola il contenuto delle scatolette senza dover passare per il pastone di verdure e carne andata a male preparato dalla Patty. Il problema è che allo scadere della seconda settimana..bè...ormai anche il tonno era diventato qualcosa di nauseabondo.
Finito il pranzo lavavamo le ciotole e ci preparavamo per riposare fino al successivo allenamento.
Generalmente dopo aver steso i vari catini andavamo al negozietto sulla strada a comprare o il gelato o la bibita (concedendoci grandi lussi nelle spese: 1 RMB per un gelato o ben 3 RMB per la bibita...folli spese, dunque, che andavano dai 15 centesimi ai 40!).
Un giorno nel suddetto negozio ho trovato le carte (4 RMB per due mazzi). Acquistate subito e da qui sono scaturite le partite pomeridiane o a scala 40 o a burraco.
Verso le 14/14.30 ci ritiravamo ognuno nella propria stanza per riposare. Io aggiornavo il diario di viaggio (ormai un'abitudine consolidata del viaggio in Cina) e poi, dopo aver puntato la sveglia per le 15.40, si dormiva.
Al suono della sveglia (il mio meraviglioso allarme antiatomico amato da tutti) si raccoglievano le forze, ci si rivestiva e si faceva una leggera merenda.
Poi tutti nella zona comune ad aspettare che arrivasse Du.
(A dirla tutta nel pomeriggio ci sarebbero anche state delle lezioni tipo calligrafia etc boicottate per un po' di sonno ristoratore).
Momenti di follia (abbiamo traviato tutti!): posizione con sciabola e catino. |
Svacco (in posizione propriamente da lady), contornata dal caos |
Andando al negozietto |
Montando il tavolo per il super torneo di burraco. |
5- PM Class
Dalle 16.30 alle 18.00
In linea di massima il pomeriggio era quasi sempre dedicato al Taolu ovvero alla forma che stavamo imparando.
Tranne il mercoledì che c'era Qi Gong hard.
Le eccezioni sono state poche e almeno una volta alla settimana facevamo Jibengong ripassando quelli già studiati od imparandone di nuovi.
Quando facevamo Taolu o Jibengong il riscaldamento era simile a quello della mattina. Uindi qualcosa di leggero per poi mettersi sotto con la parte più tecnica.
Per la parte Taolu c'erano circa due modalità di allenamento: quella quando stavi ancora imparando la forma e quindi Du ti affiancava qualcuno ad insegnartela e quella quando l'avevi imparata e dovevi perfezionarla.
Nella seconda fase era sempre Du a correggerci personalmente. Si faceva la forma one by one 1/2 volte e lui diceva cosa ci fosse da correggere ed il pomeriggio era dedicato a quelle correzioni.
Le lezioni di Qi Gong hard erano circa come quelle dello scorso anno.
Quindi ci divertivamo con una serie da 10 minuti seguita da una da 5 sui sacchi di iuta pieni di fagioli di soia. Successivamente passavamo agli energy brush e ai bastoni di legno con 100 colpi dei primi e 50 dei secondi su braccia, schiena, addominali e gambe.
La conclusione era varia.
Un paio di volte abbiamo provato l'esercizio che implicava stendersi su 3 lame e farsi appoggiare sopra una tavola con i chiodi.
L'alternativa era quella di farsi colpire con un tronco. Sì. Un tronco.
Lame e chiodi (e persone divertite dietro) |
Le lame erano avvolte in una coperta Lufthansa :D |
Prove casuali di torture |
Bastone sugli addominali sotto il dolce tocco di Du ("Shifu! After no baby!" e lui rideva...) |
Altre prove casuali di morte precoce |
Eccolo! il tronco! Non fatevi ingannare: la parte rossa non era foderata. |
Aggiungi didascalia |
6- Dalle 18.00 alle 19.00
Finito l'allenamento pomeridiano avevamo "ben" 10 minuti per riprenderci, afferrare le ciotole ed essere pronti per la cena che sarebbe stata servita, per l'appunto, alle 18.10.
La sera era il momento peggiore per la fantasia culinaria della Patty.
Il suo piatto forte era il pastone di noodles. Letteralmente lo giuro. Sarebbe come fare la pasta e fare in modo che galleggi in una brodaglia compatta e scotta. Voglio dire...ci vuole dell'arte per riuscire a fare qualcosa del genere no?
In alternativa a questa meraviglia rimpinguata dagli avanzi di verdure del pasto precedente c'era il panino che potevamo mettere nel microonde a riscaldare e poi riempirlo. Di cosa? Tonno ovviamente!
Le uniche 2 volte che non abbiamo seguito questa routine è stato quando la Patty ha cucinato l'unica cosa in grado di fare buona: pastella fritta.
Buona, buonissima. Con lo zucchero poi era uno spettacolo.
Peccato che in 50 minuti avremmo dovuto mangiarla e digerirla.
7- Evening Class.
Questa classe lo scorso anno era sempre un fattore "x" nel senso che a volte si faceva, altre no, altre era teoria o calligrafia. Quest'anno, invece, era allenamento semplice e puro senza ma e senza se.
Si partiva con la prima mezz'ora dove, in teoria, ci saremmo dovuti riscaldare e magari ripassare anche qualcosa, in pratica facevamo finta di scaldarci e cercavamo di digerire la cena.
Poi, quando iniziava a far buio, veniva acceso un faro (uno eh, non sprechiamoci) ad illuminare il campo dall'allenamento mentre i ragazzini si prodigavano per portar giù le due gigantesche casse audio.
A questo punto c'erano diverse opzioni:
- modalità 1: Du attaccava una musica tamarrissima qualsiasi e ci mandava "one by one" a fare le forme.
- modalità 2: "competition". Du attaccava la solita musica e si veniva divisi per "classi" le due dei cinesi e poi noi laowai. Uno ad uno procedevamo a far le forme come se fosse una competizione anche se alla fin fine non veniva data nessuna votazione
- modalità 3: solita musica e forma fatta una volta. Poi Du se ne usciva con "now 20 minutes and training it's finish, I go, you have this minutes to sweat, when I come back if you are sweat you can go and shower and bed, if you no you continue trainining" ovvero "mancano venti minuti alla fine dell'allenamento, io me ne vado se quando torno sarete sudati potrete andare a fare la doccia e a letto altrimenti continuate ad allenarvi". Da qua partiva il giardino dei matti dove ognuno faceva le cose più improbabili per cercare di sudare nella fresca brezza serale. E con qualsiasi cosa intendo esattamente quello. Quindi c'era chi correva, chi faceva forme, chi piegamenti sulle braccia e così via. In pratica era un buon metodo perchè ci automassacrassimo di allenamento. Poi quando Du tornava andavamo uno ad uno ad aspettare il suo verdetto.
- modalità 4: test. La modalità, in assoluto, più spaventosa. Si svolgeva nel silenzio e tutti guardavano. Taolu "one by one" con tanto di votazione finale e giudizio di Du. Era spaventosa perchè il livello di tensione, almeno per me, era alle stelle. Era peggio che dover entrare sul tappeto di gara per capirci...e chi ha visto la mia faccia tra il bianco e il verde prima di ogni gara capirà che cosa intendo.
8- Dalle 20.30 alle x
Finita la classe serale c'era la corsa per accaparrarsi la doccia il prima possibile per evitare di dover stare sporchi per un'altra ora ancora. Poi, quando tutti avevano finito, ci si rilassava seduti davanti all'entrata e, spesso, si andava di nuovo al negozietto per comprare qualcosa da sgranocchiare (anche perchè, diciamocelo sinceramente, avendo finito di mangiare alle sette meno un quarto e dopo essersi allenati di nuovo la fame tornava a farsi sentire). Dunque la parte serale era totalmente dedicata al semplice rilassarsi e allo stare in compagnia. Nonchè al godere almeno per quel paio d'ore della sensazione di essere finalmente puliti.
E con questo abbiamo concluso la carrellata della giornata tipo.
Naturalmente credo che sia più che necessario raccontare nello specifico alcuni allenamenti particolari.
- Corso di sopravvivenza avanzato (possono partecipare solo persone fisicamente portate o martiri o pazzi squilibrati): Damo Cave, one time, fast go!
Ovviamente la Damo Cave anche quest'anno non poteva mancare.
Il sabato mattina sulla tabella di marcia c'era segnato proprio questo. Due parole che spaventavano bene o male tutti quanti: Damo cave.
Nel corso della permanenza questo martirio mi è toccato una sola volta, ma ammetto che nonostante il mio buon senso mi spingesse a sperare di non doverci andare, più volte ho pensato "almeno una volta, anche una sola, devo farlo". A parlare, ovviamente, era la parte più masochista e autonichilista presente in me. Però...volevo sapere fino a quanto mi sarei potuta spingere e la Damo Cave è sempre un buon metro di giudizio.
Ora, spieghiamo perchè quest'anno andarci fosse ancora più spaventoso rispetto allo scorso anno.
Anzi..giudicate voi da queste foto
Vista della Damo Cave dal terrazzo della Scuola |
Vista della Damo Cave dal campo di allenamento |
Eccola là. Bellissima. |
la Scuola si trovava a circa 5 km dall'entrata dell'aerea del tempio Shaolin il che significava che da lì al Tempio saranno stati come minimo 6/7 km da fare.
Ci si svegliava alle 6, si cercava di fare un minimo di colazione giusto per il buon senso di mettere qualche riserva di zuccheri nel corpo. Alle 6.30 saluto davanti alla Scuola, si caricavano sulla macchina di Du le borracce e si partiva.
Il primo tratto era da fare camminando giusto per abituare il corpo a muoversi dopo la dormita, dopodichè si iniziava a correre sulla strada mentre Du ci seguiva con l'auto.
Arrivati vicino all'entrata del Tempio si prendeva una "scorciatoia" su una strada laterale sterrata dove, per grazia divina, camminavamo cercando di ri-raccogliere le energie. Non appena si vedeva in lontananza l'incrocio con la strada interna all'area si riprendeva a correre e si continuava così fino ad arrivare davanti al Tempio. Una volta lì ci si fermava, ci si toglieva la parte sopra della divisa, si beveva e ci si dirigeva verso la strada che portava alla Damo Cave.
A quel punto erano già le 7.30 passate, iniziava a sorgere il sole e la maglietta era bella che zuppa. E non eravamo nemmeno a metà strada.
Tra l'altro conoscere la strada non aiutava affatto, anzi, rendeva ancora più tragico l'avanzare.
Ovviamente la salita verso la cima della montagna era fatta camminando e non correndo (anche perchè, onestamente parlando, al terzo scalino penso che saremmo collassati tutti quanti). Naturalmente lungo il tragitto non potevano mancare i soliti turisti interessatissimi nel vedere dei laowai vestiti in uniforme che, sudati marci, annaspavano verso la cima e quindi ogni tanto si perdeva il passo per rispondere a domande del tipo "di dove siete?" o "ma siete una famiglia?" (non so il perchè di questa domanda...).
Bè insomma tra uno scalino e l'altro, una domanda, un rischio di collasso, un "jiayou" di qualche ragazzino cinese che ti guardava compassionevole ed il conseguente pollice alzato perchè parlare era un lusso si arriva alla cima.
Un po' più vicina |
Manca ancora un po'...non illudiamoci |
Dalla cima |
Foto testimonianza "ce l'abbiamo fatta" |
"Dobbiamo tornare" "uccidetemi qua per favore!" |
Se non altro ne è valsa la pena |
Gente con ancora tanta voglia di fare. Io, ad esempio, ho pigiato il bottone della macchina fotografica. |
Dunque inizia la lenta discesa sugli scalini irregolari e scivolosi (che a momenti c'era da rimpiangere la salita).
Una volta arrivati ai piedi della montagna si ritrovano gli altri e si aspetta chi è rimasto indietro.
La ripida scalinata |
Espressioni convinte |
"ma perchè?" |
Tornavamo alla macchina e da lì si riprendeva a correre facendo il percorso inverso. A quel punto erano le 9.30 o qualcosa di più e cominciava a fare caldo, con l'umidità sempre più alta e il sole sempre più a picco.
Insomma si andava di male in peggio per intenderci.
Verso le 10, infine, si tornava alla Scuola, si raccattavano le proprie cose e si cercava di sopravvivere.
Detto questo.
A pensarci potrà sembrare folle e, credetemi, lo considero assolutamente folle anche io. L'ho considerato così prima di farlo, nel farlo ed anche dopo.
Ma credetemi anche quando vi dico che riuscire a farlo è una soddisfazione incredibile.
Magari qualcuno non l'avrà trovato così devastante. Per me lo è stato e riuscire a fare tutto il percorso è stata una grandissima vittoria. Fisica e mentale.
E alla domanda di Du "you can? if you no can you go car" "ce la fai? se non ce la fai puoi salire in auto" rispondere "no, I can" è stato uno sforzo di volontà infinito, ma ormai mancavano gli ultimi 5 km che ho fatto in parte camminando. Ma almeno sono partita e tornata sulle mie gambe ed è quello che più conta nella sfida che mi ero prefissata.
Insomma ok, la Damo Cave è folle.
Ma è una di quelle follie che serve fare per capire che non tutto è così improbabile come potrebbe sembrare.
- Riscaldamento anomalo.
Ogni tanto (anzi, ogni spesso) Du ci regalava un metodo alternativo di riscaldamento invece che farci correre per il campo.
Metodo 1: secchi Shaolin. Consisteva nel prendere due secchi vuoti a testa e dirigersi verso il lago. Ovviamente lo scopo era, poi, quello di riempire i suddetti secchi e tornare alla Scuola.
Chiaramente farlo era meno semplice che dirlo. Prima di tutto perchè i malefici secchi avevano la tendenza a rompersi nei momenti meno opportuni, Poi perchè prendere l'acqua dal lago era la sfida contro la scivolosità della riva e/o delle pietre sulle quali poggiavamo i piedi. Infine iniziava la lunga strada del rientro appesantiti da secchi pieni di acqua che definirla sporca/lercia/schifida sarebbe eufemistico. Il manico in ferro poi non aiutava di certo la comodità ed ogni tanto era necessario fermarsi non tanto per fiato o cosa quanto per far riposare le mani cercando, nel corso dell'operazione, di non far fuoriuscire l'acqua e farsela finire addosso (sì è successo e sì è successo anche con i pantaloni appena puliti). Lo scopo ultimo dei secchi (oltre a far faticare noi) era quello di essere usati per pulire la latrina.
Metodo 2: Da shitou. Ovvero "grande pietra". Questa è semplice. Si scendeva sempre al lago e si cercava una pietra. Grande. La più grande che fossimo in grado di portare indietro. Si raccoglieva e si tornava.
L'inghippo sta nel fatto che sul lungo periodo...bè...le pietre papabili iniziavano a scarseggiare quindi si finiva o con l'essere costretti a portarne su una non troppo grande (e a beccarsi l'ovvia occhiataccia da parte di Du) o al prenderne una grande. Ma veramente grande. Ad esempio qualcuna una volta ha deciso di prenderne una così grande e pesante che ha impiegato 20 minuti solo per riuscire a portarla ai piedi della strada asfaltata con tanto che mancavano ancora 2/3 del percorso da fare e per di più in salita. A quel punto non era nemmeno più in grado di sollevarla ed era sudata anche nell'iride quindi, per buon senso raccolto da non si sa bene dove, ha deciso di lasciarla lì e di tornare a mani vuote. Al che Du le chiese "where your da shitou?" "I'm sorry Shifu! My da shitou speak me 'no please leave me here!' so I said 'ah ok, sorry da shitou' and I leave the da shitou there". E...oddio solo con il senno di poi mi rendo conto di quanto fosse assurdo comunicare con Du...mi vergogno quasi a scrivere queste frasi...
Ah sì, nel caso in cui a qualcuno fosse sfuggito il sarcasmo nascosto (?) nelle mie parole, l'idiota che ha tentato di portare su uno scoglio ero io.
(E da qua ecco svelato l'arcano del mucchio di pietre).
- Taolu one by one.
Questa non è esattamente una novità di quest'anno. Lo è la modalità con la quale si svolgeva il tutto.
Se lo scorso anno fare one by one la forma implicava doverla ripetere 3/4 volte di seguito senza prendere fiato, quest'anno Du ha fatto l'upgrade di questa opzione e ci ha deliziati con delle massacranti sessioni.
Anche qua c'erano due modalità a seconda delle volte che dovevamo ripetere la forma e del tempo.
Il giorno che faceva veramente caldo e il sole picchiava secco sul campo d'allenamento abbiamo fatto la forma 11 volte consecutive. E con consecutive intendo che finito di farla Du urlava "again" e noi dovevamo ricominciare. Così per 11 volte. Le mie sono state un po' meno perchè, visto che ho un problema a tenere le braccia alzate e tendo a stare con le spalle basse (Du dice che è "colpa" degli anni di Tai Chi) ad un certo punto ha fatto irruzione nel campo e mi ha messa in un gongbu impossibilmente basso e mi ha fatta stare in posizione con la sciabola fino a quando l'altra persona non ha finito la sua forma. Potrà sembrare che io sia stata graziata ma nella foto (esistente da qualche parte) con la mia espressione sofferente, vi giuro, che forse avrei preferito rifare la forma.
Quel giorno finita la sessione non avevo la benchè minima idea di come fare per stare in piedi. Sedermi era una tortura, stare in piedi anche, sdraiata idem.
La seconda modalità era ripetere la forma meno volte (circa 8/9) dove nelle prime 2 volte Du ci correggeva gli errori, le altre erano allenamento e l'ultima era "power, heart, you show all you have" l'ultima era di testa e cuore "potenza, cuore, dovete dare tutto quello che avete". Ovvero l'ultima doveva essere la versione bella e completa secondo le nostre capacità.
Finita la sequenza dovevamo correre fino alla lapide (quella della mattina), tornare, fare 50 squat e, a volte, anche 50 piegamenti sulle braccia.
- Sgozzamento del maiale.
Tranquilli. Nessun animale è stato maltrattato durante questa sessione di allenamento.
Questo era il nome di un esercizio che veniva inflitto a noi poveri (?) esseri umani.
In pratica si trattava di una sessione speciale di stretching.
L'abbiamo fatta una sola volta. Ma quando l'ha annunciata gli altri, che già sapevano, sono stati catapultati in una dimensione di sconforto totale, quando, poi, l'hanno spiegata anche a me sono finita nel limbo della disperazione mista a rassegnazione.
Du ci ha lasciato 20 minuti per prepararci.
Abbiamo corso, fatto posizioni isometriche e un po' di stretching normale per allungarci con moderazione.
Poi siamo tornati dentro alla Scuola, abbiamo preso le materassine e da lì iniziava la lenta agonia.
Prima di darci già per morti, Du ci ha dato la possibilità di scampare alla tortura mettendoci alla prova sulle 3 spaccate: se nel farle il bastone non fosse passato sotto allora saremmo stati salvi.
Non chiedetemi per quale grazia divina io sia riuscita a fare entrambe le sagittali (barando un po', lo ammetto), ma sulla frontale...no, sulla frontale ero praticamente in piedi.
Dunque quella non sono riuscita a scamparla e quando è stato il mio turno mi sono sdraiata sulle materassine con la stessa espressione di chi sta per essere ghigliottinato innocente.
In pratica stando distesa c'era una persona a tenermi il braccio sinistro, una il destro ed una la gamba destra a terra. Poi Du afferrava la sinistra e apriva nella direzione della spaccata frontale.
E apriva fino a dopo la ventesima volta che gli dicevi "stop".
Avete idea di che verso faccia un maiale sgozzato?
Io non lo sapevo. E ora lo immaginerò sempre con la mia voce. Mentre conta fino a 30 in cinese. E poi mentre impreca al "I gift you 10" e ne conta altri 10.
Questo esercizio va fatto, naturalmente, con l'assistenza di una persona di buon senso come Du che sa fino a quanto sia corretto spingersi senza causare danni.
Io avrei tanto voluto vedere il miglioramento nell'apertura, ma ero troppo impegnata a respirare e a trovare la voce per contare. Rantolando mentre cercavo di liberare le braccia per salvare le mie povere anche.
E con questo ho davvero finito di fare la lunga carrellata sugli allenamenti.
Vi prego di non pensare che sia stupido fare tutto questo.
Con il senno di poi, scrivendolo, tendo a pensarlo anche io.
Però poi mi tornano in mente tutti i successi ottenuti con queste fatiche. Tutti successi più che altro mentali. Dell'alzarsi la mattina per il power training, del completare la Damo Cave, dello spirito con il quale si faceva la forma l'ultima volta durante il one by one.
Credo che sia impossibile descrivere le sensazioni provate. E forse, ancor più che impossibile, è quasi assurdo. Perchè nel farlo vi descriverei non solo l'orgoglio dell'avercela fatta, ma, e soprattutto, vi descriverei la gioia che provavo.
Adesso mentre scrivo, mentre ricordo, mentre ripenso, tutto quello che mi sale dallo stomaco alla testa è una sensazione di felicità. Profondissima felicità fusa insieme ad un senso di pace.
Una sensazione che, capisco, sia difficile da far comprendere. E sarei la prima a non comprenderla se non l'avessi provata.
Il conseguimento di un obiettivo e la tacita accettazione di aver fatto quel che andava fatto.
Non ricordo di aver provato questa sensazione praticamente mai qua in Italia. Ogni volta c'era sempre un "dopo", qualcosa da fare. Mi sono laureata? Ok, veloce pensa, fai, vai, agisci non ti puoi fermare, vai avanti a testa bassa! Come fai a goderti quel momento se la tua testa è già oltre?
Là non c'è mai stato il dopo. C'era solo l'adesso. L'adesso di ogni singolo istante importante come unità unica di tempo irripetibile. La pace del presente.
Ho spesso pensato che sarebbe bello poter fare questo viaggio potendo portare con me la mia famiglia e i miei amici per poter mostrare loro questo mondo e poter, in qualche modo, far vivere anche a loro quello che, per me, è il tutto e il fine.
Vorrei poter far loro ascoltare la saggezza delle sgrammaticate parole di Du.
Poi mi rendo conto che, oltre ad essere improbabile, sarebbe anche inutile perchè questo è, per l'appunto, il "mio" mondo, quello dove io sto bene mentre loro dovrebbero trovare il loro e magari portare me lì per capirli un po' meglio.
Allora mi accontento di scrivere e tra una battuta e l'altra, un'assurdità e un po' di sgomento cerco di trasmettere l'importanza del viaggio.
La soddisfazione dietro ad ogni da shitou trascinata su, l'urlo dell'orgoglio nell'ultima one by one, la determinazione dietro ad ogni singolo passo in più verso il rientro alla Scuola dopo la Damo Cave, l'onore di un "you little good", la verità dietro ad ogni "jiayou" nella competition serale.
Il peso di una promessa fatta a Du. La promessa che, anche se non si riuscisse a tornare l'anno successivo, non sarebbero venuti meno l'impegno e la volontà di andare avanti e migliorare. Nella Pratica e nella vita.
Io spero ("I hope...") che tutto questo sia chiaro nelle mie parole e spero anche che se qualcuno dovesse aver vissuto qualcosa di simile sia disposto a raccontarlo agli altri, a chi gli sta accanto perchè rivelare il proprio mondo è come mettere a nudo il proprio "io", è vero, ma vuol dire anche regalare a chi ha importanza nella propria vita una parte di quello che si è.
Magari non si può regalare un momento di felicità o pace, ma si può donare la realtà del fatto che tutto ciò sia possibile. Basta cercarlo e andare incontro anche a ciò che potrebbe sembrare assurdo nella "vita reale".
Del resto
"No pain, no gain".