Oggi sono esattamente 4 mesi dalla mia partenza per la Terra di Mezzo.
Solo 4 mesi, già 4 mesi. A libera interpretazione.
Aspetto con impazienza il nuovo anno, non perchè me ne freghi poi tanto della consumistica invenzione del cenone, del conto alla rovescia e di tutte queste attività che, sinceramente, ho imparato a non apprezzare da un po' di anni a questa parte, ma perchè un nuovo anno significa poter tornare realmente a pensare, a programmare ed aspettare un nuovo viaggio in Cina.
Quando, a maggio, insieme ai ragazzi della Scuola, ho prenotato il biglietto che avrebbe, finalmente, realizzato il mio sogno, ho passato intere giornate con questo sorriso ebete stampato sul volto e ogni mia conversazione si riduceva sempre al solito argomento della partenza e del viaggio.
Passato il primo momento di entusiasmo infantile sono sorte la preoccupazione per quest'idea d'ignoto rappresentata da molte cose come le ore di aereo (io che avevo volato per un totale di poco più di 3 ore in tutta la mia vita mi sarei imbarcata in questo volo di 12 ore), il pensiero di un paese straniero fuori dai canoni occidentali dove lingua, cibo e cultura sono completamente diversi, il timore per le ore di allenamento (ce la farò? sarò in grado?) e quasi in contemporanea anche la macchina organizzatrice che ti fa preparare con mesi di anticipo la lista delle cose da comprare e mettere in valigia.
Nel mentre la sfiancante e febbrile attesa del giorno della partenza.
Poi arriva il tanto agognato giorno e si parte.
Una volta in Cina il problema dell'adattamento non sopravvive nemmeno per una manciate di ore soppresso prima dalla stanchezza del viaggio e dalle ore di sonno accumulate e poi dall'entusiasmo.
Quasi non riesco a rendermi conto di essere dall'altra parte del mondo nel luogo che per anni ho sognato di poter vedere, visitare e vivere. Le mie giornate diventano subito normali come se vivessi lì da una vita intera eppure questa normalità stride con la ragione che mi dice "hey guarda qua che roba, certe cose non le avevi nemmeno immaginate" e quindi mi stupisco della normalità. Che a pensarci risulta essere un po' un ossimoro.
Una volta conclusosi il Viaggio il rientro in Italia ha seguito queste semplici fasi.
Fase 1: il giorno del rientro. La depressione da ritorno è cominciata la sera prima, il 4 settembre, quando per ogni cosa il mio pensiero era "è l'ultima volta che farai questa cosa qua" ed è continuata per tutto il volo di rientro. Un piccolo spiraglio di luce c'è stato quando ho riassaporato 4 cose che in Cina erano impensabili: la pizza fatta in casa, preparata dalla mamma di Graziano che ci ha gentilmente ospitati e sfamati, la doccia (la prima in un mese dove dopo mi sentissi effettivamente pulita), un bagno pulito ed il letto dotato innanzitutto di un materasso e perdipiù comodo.
Fase 2: il giorno dopo. Il 6 settembre mi sono svegliata nella mia stanza a Milano. Dopo aver realizzato questo fatto credo di aver pensato "oh no", fatto seguito da una negazione cosciente che non voleva farmi accettare l'evidenza del mio rientro. Questa giornata è passata in una sorta di stordimento nel quale non avevo le capacità per realizzare bene l'accaduto e quindi nemmeno una motivazione per deprimermi. Sono andata in università, ho salutato persone che non vedevo da un po' ho raccontato il Viaggio, fatto vedere le foto e poi sono andata ad allenamento. Nella mia testa mi sarei risvegliata di nuovo nella mia stanza alla Scuola in Cina e sarei andata ad allenamento giù nel cortile insieme ai ragazzini.
Fase 3: il secondo giorno. Mi sono svegliata, di nuovo, nella mia stanza a Milano. A questo punto la realtà dei fatti è risultata evidente e la consapevolezza di essere di nuovo qua e basta si è fatta prepotente.
Fase 4: il mese successivo. Non credo ci sia stata grande differenza tra il primo giorno di questo mese e l'ultimo. Ho passato queste giornate pensando costantemente alla Cina. Un pensiero così forte da non farmi addormentare la sera, da svegliarmi nella notte e da rischiare crisi di pianto isterico sui mezzi pubblici, pianto trattenuto per salvaguardare un minimo di dignità. Non mi aiutava di certo il fatto di aver mantenuto, in parte, gli orari abituali della Cina: ad esempio sì, dormivo di notte, ma mi svegliavo alle 7.30 della mattina, avevo fame come negli orari della Scuola e sonno a metà mattinata, non avrei disdegnato cenare alle 6 del pomeriggio e così via. Questo mese è stato veramente pessimo, devo ammetterlo. Per quanto mi sforzassi il pensiero del Viaggio faceva capolino nella mia testa sempre portandomi a ripensare a un qualsiasi avvenimento, anche il più banale. Tutto questo, ovviamente, non ha aiutato.
Fase 5: il secondo mese. Questo mese è stato di transizione, principalmente. Nella prima metà ho iniziato a rimettere i piedi per terra e a somatizzare il fattore "lontananza". Nella seconda ho ricominciato ad avere una vita normale, a smettere di parlare della Cina sempre e in ogni momento. La nostalgia si è fatta un po' meno forte, ma non per questo meno dolorosa.
Fase 6: il terzo mese. Cioè adesso. Ci pensavo giusto qualche giorno fa. La situazione è decisamente migliorata. Ora pensare al Viaggio è qualcosa che faccio in modo consapevole e che non fa più irruzione nella mia testa dal niente. Quasi mai, quantomeno. Ripensare al Viaggio non fa poi più così male, ma lo fanno i pensieri che non senti arrivare. Ad esempio la settimana scorsa stavo mettendo i lacci alle scarpe da allenamento nuove perchè le vecchie sono ormai quasi del tutto rotte (e no, non le ho cestinate nè ho intenzione di farlo) e stavo odorando le scarpe nuove quando, dal nulla, sono comparsi dei flash caotici. Cosa già successa, peraltro, con l'odore dei braccialetti e di quel liquido rosso che usavamo in Cina per alleviare qualche dolorino muscolare.
Quindi non posso di certo dire di aver superato la prova del tempo.
Che poi in tutto questo tempo ho provato a spiegare a terzi il perchè di questa nostalgia. Perchè in effetti è complicato far capire alle persone la motivazione che mi spinge a pensare costantemente di voler tornare quando magari poco prima hai raccontato delle condizioni inumane o di qualche altro avvenimento ai limiti dell'umana immaginazione.
Ecco. Anche adesso non so come spiegarlo!
Acc! Si vede che in qualche modo è il "tuo" posto...
RispondiEliminaè quello che ho pensato anche io...certo che me ne sarei potuto trovare uno più comodo e vicino eh...mannaggia..
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